Da Vicenza a Venezia, scioperi sulla vertenza. Intanto, in regione come nel Paese, la tendenza è confermata: cala la produzione e aumenta la cassa integrazione
Da un lato la crisi, tra stabilimenti fermi, cassa integrazione in crescita e aziende che annunciano esuberi, con il sindacato in prima linea per salvare i posti di lavoro. Dall’altro ancora scioperi e manifestazioni, stavolta per la trattativa incagliata sul rinnovo del contratto di lavoro, inasprita dalla crisi e dalla richiesta sindacale di aumenti degli stipendi per recuperare l’inflazione a fronte degli utili accumulati delle aziende tra 2022 e 2023. È il doppio binario su cui scorre l’inverno della meccanica in Veneto, nel momento più difficile della crisi dell’industria, di cui è l’epicentro.
I numeri della crisi, in Italia e in regione
Giovedì 12 dicembre, in parallelo all’avvio degli scioperi provinciali, Federmeccanica, l’associazione di Confindustria presieduta dal vicentino Federico Visentin, ha pubblicato l’analisi congiunturale sul terzo trimestre: su scala nazionale, sesta trimestrale con produzione in calo, -3,9% sul pari periodo 2023 e -1,6% sul secondo 2024, mentre la richiesta di cassa ordinaria fino a settembre è salita del 74%. Dati simili a quelli visti in Veneto, dalla produzione industriale rilevata da Unioncamere Veneto, –1,9% nel terzo trimestre sul pari periodo 2023, ma dove la meccanica fa la parte del leone (-6,9% i prodotti in metallo, -4% l’automotive, -2,8% macchine e apparecchi), all’utilizzo impianti che scende al 68%. E ancora i dati sull’occupazione di Veneto Lavoro: le assunzioni tra gennaio e ottobre nella meccanica sono 37 mila, diecimila in meno del 2022, i posti creati scendono da 7.600 a 1.800, mentre crescono licenziamenti economici e collettivi (2.293, tra gennaio e ottobre, 285 in più, +14%). E delle 19 aziende che hanno chiuso licenziando, trattano esuberi o sono osservate da vicino 15 sono meccaniche: Speedline e Berco, Sunlight, Meneghetti ed Edim i casi più acuti.
Non ci sono segnali di svolta
In un duro inverno, il tema è se ci siano alle porte cambi di clima. «No, la luce in fondo al tunnel ancora non la vediamo e non c’è nemmeno un’inversione di tendenza in vista», dice, tornando ai dati iniziali, il presidente di Federmeccanica, Visentin. La questione riguarda anche le ricette per scuotere la situazione: «La politica ignora le indicazioni dell’Agenda Draghi sulle risorse per il rilancio e sul taglio dei tassi è mancato il coraggio di un segnale forte», aggiunge Visentin. Ci saranno almeno un’Industria 5.0 rivista e l’Ires premiale: «Il punto sull’Ires – chiude Visentin – dipenderà da come la tradurranno in pratica, per evitare il rischio di un bis del 5.0».
Rinnovo del contratto e scioperi
E poi c’è il fronte contratto. I metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil hanno chiamato scioperi e manifestazioni, la principale venerdì 13 dicembre a Verona. Secondo il consuntivo di Fiom Cgil l’adesione ha raggiunto a Vicenza punte tra l’80 e il 100% in undici aziende (Ferrari Ventilatori, Franklin, M&g, Askoll, Campagnolo, Fonderia Cestaro, Salvagnini robotica, Agco, Armes, Baxi e Mecc Alte). A Padova, nove i presidi con 300 lavoratori e adesioni agli scioperi tra il 70 e il 100% in una serie di aziende (Gea Pavan, Mp3, Hitachi, Carel, Komatsu, Parker, Dab, Zf, Allco, Eusider e Vdc). A Venezia, manifestazione a Marghera, davanti a Confindustria e scioperi (in Faces adesioni al 98%, in Idromacchine al 90%, in Ponterosso e Dfv all’80%, in Fincantieri, Dradura, Berengo e Leonardo al 70%). «Vogliamo far capire a imprese e Federmeccanica – ha detto il segretario regionale di Fiom Cgil, Antonio Silvestri – che respingendo la piattaforma, Federmeccanica ed Assistal hanno respinto le richieste dei lavoratori. Chiediamo che imprese e Federmeccanica tornino in trattativa, tenendo in considerazione massima le richieste di chi tiene ancora in piedi l’industria».
La riposta degli Industriali
«Sono amareggiato da un racconto del sindacato che ci lascia sorpresi – ha commentato sul fronte opposto Visentin -. Dire che non vogliamo riconoscere gli aumenti minimi, dopo aver confermato un meccanismo che ha riconosciuto 310 euro di recupero in quattro anni e che ne garantirebbe altri 173 secondo le proiezioni, solo perché non risponde alla loro piattaforma di richieste non è corretto. Auspichiamo una ripresa del confronto. Ma un aumento di 280 euro minimi non la possiamo sostenere». «Rispettiamo l’iniziativa sindacale – aggiunge Antonella Candiotto, leader del gruppo metalmeccanico di Confindustria Veneto Est -. Riteniamo che la proposta di Federmeccanica offra molte risposte alle istanze dei sindacati. Crediamo ci siano le condizioni per riprendere e chiudere il confronto. Sarebbe un segnale di responsabilità in un momento d’incertezza».
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