Le due regine del narcotraffico, Rosalia Falletta e Rita Siria Assisi, rientreranno in Italia dal Sud America martedì 17 dicembre. Le due donne, moglie e figlia di Nicola Assisi, sono al centro dell’operazione “Samba”, un’inchiesta che ha messo in luce il ruolo cruciale delle donne nella gestione delle attività illecite della famiglia Assisi, uno dei nomi più influenti nel narcotraffico internazionale. Tuttavia, un tassello importante manca ancora: Francesco Barbaro, uno degli indagati principali, è riuscito a sfuggire al blitz e risulta latitante.
L’operazione “Samba”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dal Ros dei carabinieri, ha svelato come le due donne fossero i pilastri operativi di un impero costruito sul traffico di cocaina. Falletta e Assisi risponderanno delle accuse di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, con l’aggravante della transnazionalità. Nelle intercettazioni, Falletta emerge come la mente dietro la gestione dei patrimoni illeciti della famiglia in Italia, nonché come intermediaria nelle relazioni con il Brasile, da dove arrivano i proventi del traffico di droga.
La Direzione Distrettuale Antimafia (coordinata dai pm Livia Locci e Francesco Pelosi) ha emesso un provvedimento di fermo nei loro confronti: le due sono accusate di aver “eseguito le direttive impartite da Nicola Assisi, curando e mantenendo i contatti con altri soggetti legati al narcotraffico e coinvolti a vario titolo tra Italia e Brasile, continuando a gestire il traffico di droga per conto della famiglia“.
Un’altra figura femminile coinvolta è Simoes Paula Assisi, moglie di Patrick Assisi, che, sebbene non destinataria di alcun fermo, è comunque indagata per le stesse accuse.
Una figura inquietante e già nota alla giustizia: Falletta era stata condannata a otto anni nel processo “Pinocchio”. Il suo ruolo va ben oltre la semplice amministrazione economica. Si occupa di risolvere dispute legate al narcotraffico e di proteggere gli interessi della famiglia. Tra le vicende che la coinvolgono, spicca quella del 2020, quando intervenne per saldare un debito di 500 mila euro con un narcotrafficante italiano, Enrico Sapone, evitando così un’escalation violenta ai danni del genero, Nicola De Carne.
Anche Rita Siria Assisi, figlia di Nicola e Rosalia, ha dimostrato un’attitudine sorprendente nel gestire situazioni delicate. Secondo i carabinieri, ha recuperato crediti legati a operazioni immobiliari e al riciclaggio di denaro in Portogallo, seguendo meticolosamente le istruzioni ricevute dal padre detenuto. Nel 2024, sempre su ordine della famiglia, ha deciso l’espulsione di tre affiliati accusati di tradimento, dimostrando una leadership che si estendeva anche ai rapporti con i membri del clan.
Parallelamente, resta irrisolto il mistero di Francesco Barbaro, 35 anni, il cui nome era già emerso in precedenti inchieste, anche se non direttamente coinvolto in procedimenti penali. Barbaro, figlio di Rocco Barbaro, noto esponente della ‘ndrangheta in Lombardia, è accusato di aver finanziato e gestito la distribuzione della droga proveniente dal Sud America, mantenendo stretti rapporti con la famiglia Assisi. Soprannominato “lo Sparito”, per la capacità di sfuggire alla cattura come suo padre e suo zio, Barbaro sembra essersi volatilizzato durante il blitz.
Mentre Falletta e Assisi si preparano ad affrontare la giustizia italiana, gli investigatori continuano a cercare Barbaro, un tassello cruciale in un puzzle che collega le rotte della droga dal Sud America all’Europa. L’inchiesta “Samba” si conferma una delle operazioni più significative nella lotta al narcotraffico, mettendo in luce non solo le dinamiche criminali, ma anche il ruolo sempre più rilevante delle donne nei contesti mafiosi.
L’operazione “Samba”
Un colpo al cuore del narcotraffico internazionale: tonnellate di cocaina sequestrate, ventitré arresti tra Italia e Brasile, milioni di euro riciclati attraverso società fittizie e beni immobili. È il bilancio dell’Operazione Samba, la maxi-indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino e condotta dall’Arma dei Carabinieri, avviata nel 2019 e culminata nella notte tra lunedì e martedì scorsi con 23 arresti – 5 in Italia e 18 in Brasile.
La rete criminale transnazionale, legata alla ‘Ndrangheta piemontese e alle locali di Volpiano e San Giusto Canavese, utilizzava container su navi cargo per trasportare la droga dai porti brasiliani verso l’Europa, occultandola tra le merci. Tra i beni sequestrati in Canavese spicca il Ristorante 4 Chiacchiere di Chivasso.
Parliamo di un’organizzazione criminale capace di gestire il traffico di tonnellate di cocaina lungo la rotta Brasile-Europa, è stata smantellata in una delle operazioni più imponenti degli ultimi anni.
Sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, l’Arma dei Carabinieri ha collaborato con le autorità brasiliane in una sinergia senza precedenti, che ha coinvolto anche Europol, Interpol, e la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo italiana. Gli arresti odierni e i sequestri di beni per milioni di euro sono il risultato di anni di indagini meticolose, iniziate con l’arresto di due figure di spicco della ‘Ndrangheta: Assisi Nicola e Assisi Patrick, catturati a Praia Grande, in Brasile, nel luglio 2019.
Le indagini hanno svelato una rete complessa, che si estendeva dalla provincia di Torino fino ai porti brasiliani, in particolare quello di Paranaguá, nello Stato del Paranà. Da qui, la cocaina veniva spedita verso l’Italia e il Nord Europa, nascosta in container su navi cargo. Il sistema era gestito con precisione militare, sfruttando la collaborazione di agguerrite organizzazioni brasiliane, capaci non solo di fornire la droga, ma anche di garantire la logistica necessaria per il trasporto e il riciclaggio dei proventi.
Un ruolo chiave nelle operazioni di riciclaggio era giocato dal gruppo criminale operante in Piemonte, che aveva sviluppato un sistema per reinvestire i guadagni illeciti in attività legali. Tra i beni sequestrati, spiccano immobili di lusso, sei autovetture e vari esercizi commerciali, tra cui il Ristorante 4 Chiacchiere di Chivasso, che secondo gli inquirenti fungeva da strumento per ripulire il denaro sporco.
Un’altra svolta fondamentale nell’indagine è arrivata nel maggio 2021, con l’arresto di Pasquino Vincenzo a Joao Pessoa, nello Stato del Paraiba. Questo arresto ha permesso di confermare i legami tra la ‘Ndrangheta piemontese e le organizzazioni criminali brasiliane, svelando un sofisticato sistema di riciclaggio che includeva la creazione di società di comodo e operazioni finanziarie fraudolente.
Le autorità hanno documentato come il sodalizio sfruttasse la rete criminale brasiliana per muovere ingenti quantitativi di denaro e per garantire la protezione dei traffici di droga. Grazie a questi legami, la cocaina viaggiava indisturbata dal Sud America fino ai porti europei.
L’Operazione Samba è stata resa possibile grazie a un livello di collaborazione internazionale senza precedenti. Per la prima volta, è stata costituita una Squadra Investigativa Comune (Joint Investigation Team) tra la Procura di Torino e le autorità brasiliane, unendo risorse e competenze per affrontare una rete criminale transnazionale.
Il lavoro congiunto, sostenuto da organismi internazionali come Eurojust e Europol, ha permesso di superare le barriere giuridiche e geografiche, garantendo un’azione simultanea su entrambi i continenti. La cooperazione tra Italia e Brasile non si è limitata agli arresti e ai sequestri: è stato firmato un accordo bilaterale per creare squadre investigative permanenti, capaci di agire su più fronti e contrastare in modo più efficace le organizzazioni criminali transnazionali.
Oltre agli arresti, l’Operazione Samba ha colpito il cuore economico dell’organizzazione. In Italia, i Carabinieri hanno sequestrato beni immobili e attività commerciali riconducibili alla rete criminale. Anche in Brasile, le autorità hanno messo i sigilli su conti correnti, proprietà e società fittizie, utilizzate per riciclare i profitti illeciti.
Il sequestro di beni non è solo un colpo simbolico: serve a sottrarre alle organizzazioni criminali le risorse necessarie per finanziare le loro attività. Gli inquirenti continuano a lavorare per individuare altri asset legati alla rete, sia in Italia che in Brasile.
Con l’Operazione Samba, la Direzione Distrettuale Antimafia di Torino e l’Arma dei Carabinieri hanno dimostrato che la collaborazione internazionale è la chiave per affrontare il crimine organizzato. Il messaggio è chiaro: nessun angolo del pianeta è sicuro per chi opera nel narcotraffico.
L’indagine rappresenta non solo un successo nella lotta al narcotraffico, ma anche un modello operativo per il futuro. La rete della ‘Ndrangheta, radicata in Piemonte e proiettata verso il Sud America, è stata smantellata grazie a un’azione congiunta e coordinata, che ha visto l’Italia e il Brasile uniti in una battaglia comune contro il crimine organizzato. Un esempio che dimostra come la giustizia, quando sostenuta da cooperazione e determinazione, possa superare qualsiasi confine.
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