14 dicembre: “Eccoci” contro la paura, la repressione e l’ingiustizia

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“Eccoci”: usiamo volutamente un’espressione berlingueriana, figlia della miglior Unità, per descrivere la nostra adesione alla manifestazione che avrà luogo domani, a Roma, contro il DDL Sicurezza, giustamente ribattezzato dagli organizzatori “DDL Paura”. È la paura, infatti, la cifra esistenziale dell’attuale esecutivo, la loro fonte d’ispirazione, la loro modalità di convivenza civile o, sarebbe forse meglio dire, incivile. Più pene, più reati, meno prevenzione, meno accoglienza, meno integrazione, quasi nessuna umanità ed espressioni come il “carico residuale” del ministro Piantedosi, riferito ai migranti approdati sulle nostre coste, che fa tornare alla mente stagioni che pensavamo, e speravamo, di esserci lasciati per sempre alle spalle.

“Eccoci”, dunque, proprio come allora. Ecco i giovani, le donne, i nuovi italiani, le opposizioni, i sindacati; ecco una marea umana che partirà da piazzale del Verano e attraverserà le vie della Capitale fino a piazza del Popolo per esprimere non solo una contrarietà alle politiche del governo ma una visione radicalmente alternativa della società. Non ci limitiamo, difatti, a contrastare Giorgia Meloni e i suoi ministri, per quanto assai discutibili; contrastiamo l’idea stessa che incarnano, la loro concezione dello stare insieme, le loro alleanze internazionali, la loro sottomissione, di fatto, allo strapotere di un magnate come Elon Musk, la loro scarsa attenzione, per usare un eufemismo, nei confronti dei poveri e degli ultimi, l’abolizione del Reddito di cittadinanza, la mancata introduzione di un salario minimo pari ad almeno 9 euro l’ora, la giungla di contratti precari che affligge le nuove generazioni e l’impossibilità, per le stesse, di costruirsi una famiglia e un futuro. Non si tratta, insomma, di astio personale né di attacco al singolo esponente quanto della proposizione di un modello sociale, economico e di sviluppo totalmente diverso rispetto a quello attualmente in auge.

Meloni rende protagonista della sua kermesse annuale, Atreju, quest’anno traslocata nella cornice del Circo Massimo, l’ultra-liberista Milei, fanatico delle privatizzazioni e dello Stato nullo; noi chiediamo, al contrario, uno Stato autorevole e presente, in grado di offrire assistenza in particolare a chi ha meno, e se qualcuno ci taccia di assistenzialismo, al netto del significato spregiativo che è stato conferito a questo termine, non solo non ci offendiamo ma ne facciamo un punto d’onore. Assistere chi non può farcela da solo, del resto, è il senso della politica e, nello specifico, della sinistra. Con meno di questo, possiamo anche dichiarare direttamente esaurita l’esperienza del progressismo e privatizzare quel poco che ancora è rimasto pubblico, specie in un paese come l’Italia, salvo poi non lamentarci se le disuguaglianze dovessero esplodere definitivamente, conducendo al potere il generale Vannacci o chi per lui.
“Eccoci”, sottolineiamolo. Contro ogni forma di violenza, di barbarie e di ingiustizia. Contro l’autoritarismo strisciante, contro la deriva cui stiamo andando incontro, contro gli eccessi e la mancanza di coraggio di un esecutivo che tuona contro l’evasione fiscale ma poi vara condoni a gogò, dice di aver rafforzato le spese per la sanità ma si dimentica di metterle in relazione agli altri parametri che compongono il bilancio dello Stato, utilizza la scuola come grimaldello ideologico (e stavolta conferiamo a quest’aggettivo, di per sé nobile, un’accezione negativa) per provare a costruire quell’egemonia culturale che la destra non è in grado di realizzare e, quel che è peggio, priva intere generazioni di ogni prospettiva per il domani.

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“Eccoci”, come c’eravamo la settimana scorsa insieme alle compagne e ai compagni di AVS, in occasione della manifestazione che si è svolta davanti al Ministero della Pubblica istruzione (così si chiama e così è giusto chiamarlo) per contestare apertamente le politiche e i proclami di Valditara.
“Eccoci”, e che sia solo la prima di tante mobilitazioni, in un Paese afflitto da un astensionismo ormai cronico, da una pericolosa disaffezione alla cosa pubblica e da un’indifferenza che costituisce il preludio del disastro in cui rischiamo di sprofondare.
Ci saremo come Articolo 21, come ARS, come persone che ancora amano e credono nella politica e come semplici cittadine e cittadini che hanno deciso di dire basta e di prepara


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