Champions League: Atalanta-Real Madrid 2-3
ATALANTA 7. Perdono, i pirati del Gasp, per aver cercato di vincere. Pur feriti, i blancos di Carletto hanno stampelle che molti pazienti si sognano: Mbappé (che gol, ciao De Roon); Bellingham (the best: e non solo per la ciliegina dell’1-3, ciao De Roon pure qui); Rudiger (il «boia» di rocchiana memoria). Il dondolio di Pasalic offre poco; offrono tanto, invece, il presenzialismo di Ederson (ancorché involontario arco per la freccia di Vinicius) e i dribbling di Lookman. Il k.o. muscolare di Mbappé è un bacio degli dei alla Dea. Pensavo: perché Gasp non mette Retegui? L’ha messo, si è divorato il pari. Così imparo.
Champions League: Bayer Leverkusen-Inter 1-0
INTER 5. Calcolite, rotazionite: il muro di Inzaghino ha retto sino al 90’. Prima sconfitta, primo gol al passivo. E zero tiri nello specchio. A conferma di un atteggiamento fin troppo rispettoso della classifica, dell’arena, dei gladiatori. «Aspirine» subito aggressive, traversa di Tella, numeri di Wirtz, volatine di Frimpong. Fra i campioni nessuno trascina, e Taremi si trascina. Andamento lento. Xabi Alonso non fa prigionieri: 1-0 al Milan, 1-0 all’Inter. Trama da film western, con un colpo di pistola sfuggito al regista, forse, ma non ai cowboy più coraggiosi. Nulla di tragico, a patto di ragionarci su.
Champions League: Milan-Stella Rossa 2-1
MILAN 6. Da zero su due a quattro su quattro. Come indica lo scarto, non è stata una passeggiata, fra traverse di Maksimovic e infortuni (Loftus-Cheek, Morata). Il guizzo di Leao, roba da leccarsi i baffi: fionda di Fofana, stop a seguire di rara bellezza, sinistro chirurgico. Non meno superbo il mancino di Radonjic, ex Cairo. Che fa, allora, Fonseca? Disgustato, fuori Musah e dentro Camarda, le cui bollicine agitano l’epilogo. Una sua incornata, rintuzzata miracolosamente da Gutesa, spalanca la porta al tap-in di Abraham, sostituto di Alvarito. Ricapitolando: più sprazzi e che arazzi, ma l’ennesimo cin cin per i 125 anni.
Champions League: Juventus-Manchester City 2-0
JUVENTUS 8. Dopo Lipsia, la Signora dei cerotti e dei pareggi si toglie un altro sfizio: 2-0 e più non dimandare. Per carità, non certo il City dei Rodri d’oro, ma pur sempre la squadra del Pep. Palla ai «citizens», naturalmente. «Thiaghenaccio» e contropiede, Madama. Come suggerivano gli esperti. Con gli occhi aperti, lo scudo di Di Gregorio e le forchette in tasca, pronte a ghermire la polpa. Con il City difende così il Real e allora, se permettete, «omnia munda mundis». Vlahovic segna e, ai punti, si aggiudica il duello con Haaland. Lungo l’asse Weah-McKennie il bis. Due cambi. Il tocco di Motta? Quando le cose vanne bene, sì, si dice tocco.
Champions League: Benfica-Bologna 0-0
BOLOGNA 6. Ah, se Italiano avesse un centravanti. Uno che la mette dentro. Il Vlahovic che plasmò a Firenze, per esempio. Viceversa, deve scendere a patti. Al Da Luz, turnover e volontà manifesta di essere sé stessi, comunque. D’accordo, decisivi i voli di (San) Skorupski; ma neppure la bolgia dantesca ha impedito la caccia a un progetto che sta diventando un marchio di fabbrica. Scritto che le danze di Di Maria non annoiano mai, il Bologna continua a raccogliere esperienza. Gli esami coinvolgono il 2-2 di Torino (da 2-0), molto più «doloroso» dello 0-0 di Lisbona. Far tesoro di tutto, di tutti: l’Europa è maestra esigente.
Europa League: Roma-Sporting Braga 3-0
ROMA 7. Procede la restaurazione testaccina di Ranieri. Significative le reti di Pellegrini, reduce da tre panchine, di Saud Abdulhamid, la cerbottana saudita riesumata al posto di Celik, e di Hermoso. Senza trascurare gli zompi di Matheus, poi espulso, e l’idea di Dybala «falso nueve» (per 45’). Con Koné onnipotente e Pisilli su Moutinho a schermare il radar dei portoghesi. Via sull’onda, di slancio. Più sinistra (Zalewski) che destra (Soulé). E Hummels: alla faccia del ferro vecchio, elegante regista del fortino. Il Braga, in patria, è quinto: piano, dunque, con le sbornie. Ma Tottenham, Lecce, Sporting sono già tre indizi.
Europa League: Ajax-Lazio 1-3
LAZIO 8. Più che un’ordalia, uno tsunami. Quando affronti l’Ajax, non importa quale, ti viene addosso la storia. L’Aquila di Baroni artiglia i bebè di Farioli e li solleva, letteralmente. Cadenze forsennate, pile di occasioni. Tchaouna, Traoré, Dele-Bashiru, Pedro. E non è che i lancieri siano stati a guardare: anzi. Mi ha impressionato la rivolta all’aggancio: un pugno sul tavolo. E dalla panchina: Zaccagni (cruciale sul 2-1), Nuno Tavares (fondamentale sul 3-1), Guendouzi (il top a Napoli). Per tacere della rosa: Noslin, tripletta al Conte di coppa; Dele-Bashiru, una jeep. Riserva a chi? E lunedì sera, l’Inter all’Olimpico.
Conference League: Fiorentina-Lask Linz 7-0
FIORENTINA 8. A valanga. Oltre il 6-0 di Lecce. In barba alle turbolenze del caso Biraghi. Gioca a memoria, la Viola di Palladino. E se gli austriaci del Lask ne agevolano l’invasione, peggio per loro. Non segna il tenore (Kean)? No problem, provvede il coro: Sottil, Ikoné, Richardson (al primo «fiocco»), ancora Sottil, Mandragora, Stojkovic (autogol) e, a chiudere, Gudmundsson su rigore. Chapeau. Da recuperare, tra i bossoli della sparatoria, il debutto di Tommaso Martinelli, classe 2006, portierino-portierone di 1,94. Un brivido (su errore di Kayode) e il resto, a rimirar il poligono. Non si preoccupi: tempeste verranno.
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