SASSARI. Era febbraio 1984, sullo stesso aereo verso Mosca «Enrico Berlinguer, Giulio Andreotti, Sandro Pertini e tre cardinali». Era la delegazione italiana verso i funerali di Jurij Andropov. Lì il giovane Massimo D’Alema impara per bocca del segretario sassarese del Pci tre regole ormai arcinote: «Che i dirigenti mentono sempre, che l’agricoltura non funziona e che la carta rimane attaccata alle caramelle».
È l’alibi per smascherare subito il Berlinguer ombroso, altroché: «Aveva un umorismo alla Buster Keaton». Ma è anche la carta che l’ex presidente del consiglio D’Alema usa per dire che «abbandonarsi alla nostalgia fa vivere meglio».
Il volto di Enrico Berlinguer proiettato sullo schermo sembra un po’ monito e un po’ conforto nel lungo pomeriggio all’auditorium provinciale per “La lezione della storia – 40 anni senza Berlinguer”, evento promosso dalla Regione con la media partnership di La Nuova Sardegna, Sae Sardegna e Sardinia Post.
L’evento
Gli incontri cominciano parlando del ruolo della comunicazione, protagonisti i giornalisti Giovanna Botteri, Maurizio Mannoni, la presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai, Barbara Floridia. Protagonista la domanda: «E Berlinguer cosa direbbe?», reiterata in più salse. Lucia Annunziata in collegamento intervistata da Manuela Vacca di Sardinia Post si commuove, l’ex ministro dell’Interno Beppe Pisanu ripercorre in dialogo con Alessandro Pirina della Nuova Sardegna il compromesso storico e allarga il discorso della politica alta e di spessore ad Aldo Moro. Poi Massimo D’Alema, ecco, che si prende la scena – il pubblico lo incita «Massimo sei uno di noi» e quando sta per essere congedato: «No, ancora, ancora». E ricordando con orgoglio di essere «erede legale» di Berlinguer, con la costituzione della Fondazione a suo nome, si trova a dare la benedizione politica ad Alessandra Todde.
Eredità a cinque stelle
L’ex Pci e la presidente della Regione M5s siedono a distanza di dieci centimetri sullo stesso divano, al centro del palco e accerchiati dalle domande del direttore della Nuova Sardegna, Giacomo Bedeschi, e del direttore editoriale del Gruppo Sae, Luciano Tancredi. Ed è qui che sembra concretizzarsi un’immagine nuova, suggestiva. Il Movimento 5 stelle erede morale del lascito di Enrico Berlinguer. Alessandra Todde ammicca. «Il Movimento non ha una storia ma ha di certo un Pantheon di riferimento». Il momento clou dell’incontro di Sassari non è un percorso storiografico ma è un’attuazione pratica dei principi berlingueriani. Se non altro perché forza progressista e forza democratica si guardano negli occhi. «Il Movimento ha avuto il merito di incanalare il dissenso, in un momento in cui c’era distanza tra Paese e istituzioni – spiega Todde –. Quando hai la responsabilità di governare, però, ti trasformi». L’M5s, sostiene la governatrice, oggi è pronto a dialogare: «È importante non rinnegare ciò che si è stati, ma anche avere la forza di dire che si è differenti». E ancora: «Quando parlo con amici del Partito democratico, dei Verdi, noto più le cose che ci accomunano che quelle che ci differenziano». D’Alema coglie la palla al balzo, volendo fare un favore («da vecchio saggio che dà consigli») al Pd di Schlein: «Il destino del Paese è nelle mani di forze politiche che devono mettersi assieme. Nelle ultime elezioni Meloni ha conquistato la maggioranza con 12 milioni di voti, i partiti di opposizione ne hanno raccolto 13 milioni e mezzo. Bisogna riflettere. E poi ho apprezzato come Conte ha governato il Paese in un momento difficile». Non servono parafrasi.
«Cagliari e Torres»
Le tante auto in fila creano un ingorgo da concerto lungo via Monte Grappa. Anche quarant’anni dopo la morte, Enrico Berlinguer continua ad accentrare grandi masse. Sono 602 le prenotazioni online arrivate per seguire l’evento, qualcun altro all’ultimo minuto riesce a entrare lo stesso. C’è voglia di avvertirsi vicini al segretario comunista. Nelle altre città le luminarie sulle strade dei centri storici mostrano versi di canzoni, l’amministrazione comunale di Sassari quest’anno ha appeso una citazione di Berlinguer. Il sindaco Giuseppe Mascia prima e Pisanu poi ne ricordano la «sassaresità». In sala i giovani ne sentono parlare come di un’entità («però non facciamolo diventare un santino», Todde), le tante teste bianche come un compagno di cui restano bei ricordi. Il D’Alema mattatore (sic) aveva cominciato a distribuire aneddoti già al mattino, in visita alla redazione della Nuova: «In un incontro con la Juventus, Boniperti disse: “Segretario, sappiamo che lei simpatizza per la Juve, ci fa piacere”. Qualsiasi altro avrebbe sorriso e basta. Lui rispose secco: “E no! Io tifo Cagliari”. Era così, amava il Cagliari e la Torres, e non tollerava neanche le più piccole menzogne».
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