L’Ultima parola, come sempre, spetterà alla Corte costituzionale, ma il via libera della Cassazione al referendum abrogativo totale sull’autonomia differenziata è una di quelle notizie che di certo contribuiranno a rendere meno serene le feste natalizie per il centrodestra. Quando infatti la Consulta, un mese fa, aveva dichiarato non incostituzionale nel suo complesso il testo Calderoli ma aveva avanzato delle richieste di correzione al Parlamento, tali da mutarne in maniera rilevante l’impianto, la circostanza non era stata accolta da tutta la maggioranza come una iattura.
Anzi, la speranza dei più, all’interno dei partiti di governo, era che la sentenza dei giudici costituzionali precludesse la strada alla consultazione popolare, richiesta da vari comitati oltre che dai partiti di opposizione. E invece la Suprema Corte si è espressa in modo contrario, aprendo uno scenario che, se confermato dalla Consulta, non piacerà a Palazzo Chigi. E’ questione di dominio pubblico, infatti, che l’introduzione dell’Autonomia differenziata – reclamata a gran voce dalla Lega come obiettivo storico – desta più di una perplessità dentro FdI e FI.
Nel caso del partito di Tajani, le rimostranze non si fermano alle dichiarazioni o a dei distinguo ma si concretizzano nell’aperta ostilità al provvedimento, manifestata più volte dall’ala meridionale, che in questa battaglia ha trovato anche un leader, nella persona del governatore calabrese Roberto Occhiuto, tanto contrario al punto di non far votare la legge alla Camera dai deputati a lui fedeli. Cosa succederà, dunque, se come probabile la Consulta darà il sigillo finale per l’ammissibilità e il referendum sulla legge Calderoli dovrà celebrarsi?
Dato per scontato che tutte le forze d’opposizione saranno unite, assieme ai sindacati e alla galassia di associazioni della società civile che osteggiano il centrodestra, per dar vita a un fronte capace di mobilitare più del 50 per cento degli elettori, rendendo così valida la consultazione, il problema non da poco sarà tutto nel campo della maggioranza. In casa Lega sono già stati inviati chiari inviti a disertare le urne, e questa potrebbe essere la linea ufficiale di tutta la coalizione. Ci sono però una serie di problemi: il primo riguarda direttamente Giorgia Meloni, che si è già espressa più volte a favore dei referendum e della legittimazione popolare dell’operato del governo per ciò che riguarda premierato e separazione delle carriere e risulterebbe poco coerente un appello all’astensione per l’Autonomia, anche se in questo caso si può giocare di sponda, essendo obiettivamente più a portata l’obiettivo di affondare il referendum.
Ma il problema più grande, potenzialmente esplosivo per la coesione del centrodestra, è cosa succederà all’interno di Forza Italia. Tajani dovrà certo dare fondo alle proprie doti di mediatore, per evitare che Occhiuto e gli altri big meridionali azzurri non si attivino personalmente per portare gente a votare, e per giunta contro la legge. Il rischio che la partecipazione degli elettori del Sud faccia superare la soglia del 50 più uno degli elettori c’è, e nel caso molte sarebbero le incognite sulla reazione della Lega, nessuna delle quali buone per l’esecutivo.
Il governatore del Veneto Luca Zaia si è già messo in modalità battagliera, affermando che «in caso di referendum, io penso che sia fondamentale che chi crede nell’autonomia non deve andare a votare». «Mi sembra logico», ha aggiunto, «ma prima di giocarci questa partita è bene attendere con ossequio e rispetto la definizione della Corte costituzionale, che avverrà intorno al 20 di gennaio».
Più polemico il padre della legge, il ministro per gli Affari regionali Calderoli: «Io che rappresento un ministero», ha detto, «non ho in mano l’atto della Cassazione. Mi rammarico che il primo ad avere l’atto sia stato un quotidiano. Vuol dire che c’è una talpa che ha passato questa notizia ai giornali. Se questo Paese vuole fare le riforme», ha concluso, «bisogna che sia chiaro il sistema dei pesi e dei contrappesi». Canta vittoria, ovviamente, tutta l’opposizione: la segretaria del Pd, Elly Schlein ha parlato di una “buona notizia” e ha chiesto al governo di fermarsi, mentre il leader del M5s Giuseppe Conte osserva che «la Cassazione ci ha dato ragione, riconoscendo come legittimo il quesito referendario per cancellare quel poco che rimane del progetto di Meloni, Salvini e Tajani. Continuiamo in tutte le forme la nostra battaglia», ha concluso, «contro una scelta che cancella diritti e servizi per tantissimi italiani». Contestualmente a quello sull’Autonomia, la Suprema Corte ha dato l’ok anche alle consultazioni sulla concessione della cittadinanza e sul jobs act.
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