Liquori Pallini, i 150 anni di una famiglia del gusto tra Sambuca e limoncello

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Una storia indissolubilmente legata al profumo di anice, al Mistrà, il cui futuro è strettamente connesso al sapore del limoncello. Prossima ai 150 anni di attività, Pallini è un caposaldo dell’operosità delle aziende familiari italiane. La capacità di evolvere sembra scritta nel dna, innovare rimanendo fedeli alla storia e ai principi: “Servizio e qualità del prodotto è sempre stato il nostro motto”, esordisce Micaela Pallini, amministratrice delegata e presidente dell’azienda fondata dal suo trisavolo, nonché prima donna a presiedere Federvini. Nato nel 1851 a Civitella del Tronto, in una famiglia di contadini e pastori, Nicola Pallini era un giovane intraprendente e determinato, tanto da imparare a leggere e far di conto da solo. “Il mio trisavolo era un commerciante nato – racconta la Pallini – Da giovanissimo avendeva nei mercati locali, tra Marche e Abruzzo, in cerca di stoffe e cianfrusaglie. Non esistevano gli abiti confezionati, lui acquistava tessili magari un po’ fallati a buoni prezzi. E in più, per ottimizare l’attività commercialem si faceva preparare dei liquori da vendere sul suo banco”.

La fatica gli era sconosciuta e in pochi anni divenne rinomato nella zona come abile mercante. Desideroso di ampliare i suoi affari nel 1875 si stabilì ad Antrodoco, “un paese più grande con la stazione ferroviaria, che poteva offrire uno sviluppo commerciale più ampio. Cominciò a vendere anche i marroni antrodocani ed esportarli fino in Germania”. Ed è qui, nel paese abruzzese, annesso al Lazio solo nel 1927, che inizia la storia di Pallini: “Il mio trisavolo aprì sulla piazza un grande emporio, Antica Casa Pallini – prosegue nel racconto la Pallini – Costruì un grande palazzo che c’è ancora, anche se non più della famiglia: al piano terra bottega, nelle cantine un laboratorio dove le donne del posto facevano i liquori e sopra la casa”. Dal matrimonio con Concetta Egidi nacquero otto figli, mentre i suoi prodotti si affermavano velocemente e gli affari crescevano. Nicola era un uomo ben visto in paese, “faceva credito senza farsi pagare fino alla fine della stagione, offriva lasciti per i giovani intraprendenti, era un uomo che si spendeva”. Ad affiancarlo due dei figli maschi, Virgilio e Fidelfo che si concentreranno sui due rami più attivi dell’attività di famiglia: il primo nei liquori e il secondo sui tessuti.

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Allo scoppio della Grande Guerra l’Italia è squassata dal conflitto e privata dei giovani mandati al fronte. “Il mio bisnonno Virgilio venne ferito in guerra e fece la convalescenza a Roma – continua nel racconto – Qui conobbe un nobile chimico russo, scappato dalla rivoluzione, che gli raccontò i segreti della distillazione”. Ispirato e saldo nell’attività familiare, il giovane decise di trasferire a Roma l’attività, aprendo il primo laboratorio distilleria dietro il Pantheon, in via dei Pastini: “Era bravo con i commercianti romani con cui intratteneva rapporti, soprattutto con i torrefattori nel tempo in cui in quei negozi ci si andava per fare la spesa e non solo per il caffè”. Dei tre figli di Virgilio solo due seguirono le sue orme, “Giorgio e Nicola, che si occupava della parte commerciale così bene che commercianti romani dicevano di non poter tradire Pallini perché Nicola faceva parte della famiglia”.

L’azienda è ormai a pieno titolo romana, immersa nel tessuto cittadino e conosciuta in tutte le case, il marchio in continua crescita grazie alla qualità dei suoi prodotti soprattutto il Mistrà, liquore a base di anice, usato come tonico ma anche come correzione per il caffè. Il laboratorio in pieno centro inizia ad andare stretto, così i due fratelli nel 1962 spostano gli impianti sulla via Tiburtina e iniziano a esportare la Sambuca Romana. “Nacque tutto in modo fortuito, la sambuca era molto di moda e un commerciante romano convinse i miei zii a intraprendere questo business – prosegue la Pallini – Trovarono vecchie bottiglie sviluppate per un whisky, con una particolare bombatura sul collo, che si chiamano ‘aven’, proprio da avena”. Un’esplosione nei volumi di vendita, la Sambuca Romana diventò presto protagonista negli States, “i miei zii non avevano studiato le lingue, nonostante Giorgio avesse anche vinto il concorso in magistratura e fosse stata la migliore maturità del suo anno. Il nostro distributore dei tempi era riuscito a ricavarsi tutti i diritti sul marchio, che a un certo punto è stato venduto (a Diageo, ndr). Noi, Pallini, rimaniamo con i diritti di produzione. La Sambuca Romana si era ormai affermata come leader negli Stati Uniti facevamo sei milioni di bottiglie l’anno”.

Micaela Pallini

Micaela Pallini 

Negli anni ’80 anche il terzo fratello Virgilio, nonché papà di Micaela, decide di entrare in azienda lasciando il suo lavoro in Rai: “Riesce a migliorare la nostra situazione – prosegue – Vendevamo a un prezzo davvero molto conveniente al distributore, e per tanti anni siamo rimasti come brand ambassador. Nel frattempo in Italia lanciamo la pubblicità al grido di ‘Pallini è un gran Mistrà’, e ci affermiamo anche con gli sciroppi e gli altri prodotti (tra cui le bagne da pasticceria, ndr)”. Quando esordisce la moda del limoncello, Pallini capisce che è il momento di rilanciare la ricetta di famiglia. “Caso ha voluto che i miei zii Giorgio e Nicola avessero sposato due sorelle della Costiera, siamo partiti con la loro ricetta – continua Micaela – Mio padre ha da sempre sostenuto il bisogno di qualcosa di particolare, che ci distinguesse, e decidemmo di farlo fare a Ravello”. Ed è sull’onda gialla del limoncello che Micaela entra in azienda, dopo la laurea e il dottorato in Chimica, occupandosi da subito della materia prima e dei contatti con i fornitori in Costiera. “Papà aveva capito che c’era interesse all’estero, la sua idea era un limoncello premium per diventare leader in quel settore. Più facile a dirsi che a farsi!”.

Anni di investimenti e ricerca, di studio della formulazione: “Abbiamo lavorato sulla ricetta, sulla qualità dei limoni, cercando una formula già equilibrata che sfruttasse la delicatezza del profumo e del sapore rispetto all’alcol – specifica la Pallini – Siamo stati i primi ad abbassare la gradazione alcolica a 26 volumi, non senza critiche. Ma anche qui mio padre aveva ragione, pensava a un prodotto che potesse essere usato anche in miscelazione, come base dei drink”. All’alba dei primi 150 anni di vita di Pallini, il limoncello è diventato il prodotto di spicco per l’azienda, nonostante non sia il solo amato dal mercato (ricordiamo oltre agli iconici liquori a base di anice, tra gli altri anche l’Amaro Formidabile acquisito da pochi anni e lanciato questo anno anche sul mercato USA). Il Limoncello Pallini è ormai il più venduto al mondo nel segmento premium, grazie ai volumi di esportazione e anche alle vendite nei duty free. La capacità di evolvere, restando fedele alla storia e ai principi, è nei geni della famiglia/azienda Pallini che si è aperta anche a nuove sfide con il lancio nel 2023 del primo limoncello analcolico, Limonzero, l’estensione della linea con la Crema Vegana di Limoncello e dal 2024 con il Limoncello Spritz, anche in versione ready to drink in lattina, ed edizioni limitate IGP prodotte in Costiera Amalfitana del liquore che oggi lo identifica più di tutti.

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