Natali veni pi tutti li ggenti e cu un ni gori si nni penti. “Natale viene per tutti e chi non ne gode, se ne pente”
La Novena di Natale in Sicilia è una tradizione antica che celebra il periodo natalizio in modo insolito. Questo rituale religioso, già da tempo diffuso, che si svolgeva per nove giorni prima del Natale, era arricchito da preghiere, canti e riti tipici della cultura siciliana. Scopriamo insieme il fascino e la magia di questa tradizione che porta calore e spiritualità alle festività natalizie dell’isola.
Nel caldo focolare casalingo, nelle edicole votive, nelle chiese e nei circoli davanti ai presepi, si intonano gli inni natalizi, alcuni in dialetto siciliano, con parole e melodie che cambiavano da paese in paese, ma con lo stesso denominatore comune: il voler stare insieme e condividere la gioia del Natale.
LA TRADIZIONE DELLE NOVENE
La tradizionale novena è quella cantata in vernacolo siciliano da un gruppo di musicisti nei nove giorni che precedono il Natale per celebrare i nove mesi della gestazione di Maria. La Novena si suddivide in nove parti: una per nove albe o sere, che iniziano dal sedici al ventiquattro di dicembre, in cui si canta il repertorio di musica che narra gli eventi della nascita del Bambin Gesù, secondo il Vangelo, dall’Annunciazione alla Fuga in Egitto. Le nenie, le poesie e le melodie, sono tratte dal Nuovo Testamento. Le Novene ripetono sempre lo schema del viaggio di Maria con Giuseppe.
Le novene sicule, infatti, venivano generalmente recitate in dialetto e, pur avendo molti punti in comune con quelle associate al rosario o con formulazioni più diffuse in altre zone d’Italia, restavano a modo loro singolari e difficili da riscontrare altrove. Le novene siciliane venivano accompagnate alle musiche popolari eseguite dagli zampognari, o nannarèddi in siciliano, e al rito della cunzàta ( tempietti addobbati con fiori, rami e cibo).
ORIGINE DELLE NOVENE
Le Novene affondano le proprie tradizioni nel dramma sacro, anche chiamato come officium pastorum, una sorta di rappresentazione drammatica della Natività. Le ninnaredde venivano cantate già dal 1867 di notte, intonando testi risalenti ai XVII-XIX secoli, e spesso venivano tramandate oralmente o trascritte in copie custodite dai più devoti.
Ufficialmente la nenia non è una preghiera riconosciuta dalla Chiesa ma rientra nel cuore delle pratiche più popolari come celebrazione liturgica.
I MUSICISTI DELLE NENIE E I LORO STRUMENTI
I suonatori delle novene giravano, secondo la tradizione, in tutto il paese portando nelle case le melodie delle nenie natalizie, sotto compenso. Questi musicisti e cantori erano solitamente girovaghi e appartenevano al ceto più basso della popolazione. Essi suonavano per guadagnare pochi spiccioli o avere in cambio un po’ di cibo. Molte volte erano anche pastori, contadini o artigiani che durante le feste, riuniti in gruppetti, pronti a portare i suoni per la Sicilia.
Le novene diventavano così una vera festa, con offerte, grida gioiose e balli. E da sempre rappresentano un momento davvero importante di condivisione. Per festeggiare arrivavano in queste occasioni anche “i ciaramiddari” pastori che scendevano dai monti Iblei che con le zampogne di vello di pecora, erano pronti a girare tra i paesini. Le zampogne, che accompagnavano spesso i canti natalizi, erano state già da tempo degli strumenti usati nell’Italia centro-meridionale e venivano realizzate con ventre di pecora in cui erano innestate tre canne zufolate. Le zampogne erano affiancate anche da strumenti a fiato come flauti e trombe, friscalettu o da strumenti a corda come violini, contrabbassi, fisarmoniche e percussioni. Se mancava uno strumento, il cantore si aiutava con il fischio, il battere di un tamburo o delle nacchere.
Uno dei canti più famosi nell’Isola… “A notti di Natali”
‘A notti di Natàli – ci trasporta già in un’atmosfera di festa e di celebrazione…
È la notti di Natali, / c’è la festa principali. / Parturìu la gran Signura / ‘nda na povira manciatura / e fici a Gesù bamminèddu, / mmenzu lu voi e l’asinèddu. / E cu passava lu biniricìa: / chi beddu fruttu ca fici Maria. / Si partèru tri rignanti, / Li tri Re di l’Uriènti, / c’è la stidda ‘n cumpagnìa / e va ciccannu lu veru Missìa. / Cala l’àngilu cantànnu / e ci dici a li pastùra: / semu tutti gibilànnu, / ca nascìu lu Redentùri. / Maria lavava, Giuseppi stunnèva, / u Bamminu chiancèva, / ca u latti vuleva. / Zittu, zuttu, Bambinèddu / ca ti lavu lu panizzèddu… / Sci ca beddu stu Bammìnu, quanto è duci e quant’è finu: / na li vrazza lu vurrì, / datimmillu, matruzza mì!
«È la notte di Natale / c’è la festa principale. / Partorì la gran Signora / in una povera mangiatoia / e diede vita al Gesù bambinello / in mezzo al bue e all’asinello. / E chi passava benedetto lo ha: / che bel frutto Maria ha fatto già. / Son partiti i tre regnanti, / i tre Re dell’Oriente, / c’è la stella a far compagnia / e sta cercando il vero Messia. / Scende l’angelo cantando / e dice ai vari pastori: stiamo tutti festeggiando, / perché è nato il Redentore. / Maria lavava, Giuseppe stendeva, / e il Bambino intanto piangeva, / visto che un po’ di latte voleva. / Zitto, zitto, mio Bambino, / ché ti lavo il pancino… / Guarda che bello questo Bambino, / quanto è dolce e quanto è fino: / lo stringerei fra le braccia anch’io, / datelo a me, signore mio!».
Il mio ricordo fra emozione e semplice religiosità…
Dai miei lontani ricordi fino agli anni ’70, la ricorrenza natalizia univa la religiosità alla tradizione popolare, fatta di presepi, “cosi aruci” e canti natalizi. Durante il Natale in chiesa si recitavano preghiere accompagnate da canti: dal 29 novembre al 7 dicembre si svolgeva la novena dell’Immacolata (la nuvena di la Madonna), seguita dalla novena di Natale (nuvena di Natali) che andava dal 16 al 24 dicembre. Il ciclo si chiudeva con l’ottava dell’Epifania (detta semplicemente ottava) e si celebrava dal 29 dicembre al 5 gennaio.
Il triduo (triinu) consisteva in una prestazione musicale limitata ai tre giorni conclusivi dell’ottava (3-5 gennaio), e veniva richiesto dalle famiglie meno abbienti o da quanti, seppure in ritardo, non volevano rinunciare al ‘suono’ della zampogna. Novene, ottave e tridui si celebravano di mattina molto presto e di sera all’imbrunire. I Nove giorni della “Nuvena di Natali” simboleggiavano i nove mesi di gestazione della Vergine Maria; Nove erano le candele poste sul davanzale dell’altarino da accendere una per ogni giorno di recita.
A Ragusa Ibla la “Novena di Natale” si celebrava nella chiesa madre delle Anime del Purgatorio, dopo la prima messa delle 4,30, che il popolo chiamava “la missa di lu iaddu” (la messa del gallo…), con preghiere e canti. I canti, regolarmente in lingua siciliana si cantavano intonati da un coro accompagnato da violino, mandolino o chitarra e u ncincirincì ” (cerchietto o tamburino con sonaglini).
Dopo gli anni ’60, così come successo a moltissime nostre tradizioni, questi canti sono scomparsi, dissolti nel nulla, inghiottiti dalla globalizzazione. Nel nostro territorio esisteva un ricco repertorio di canti religiosi siciliani aventi come soggetto la nascita di Gesù, la Sacra Famiglia e le varie ninne nanne. Questi canti venivano chiamati “NINNAREDDA”, un vocabolo ormai scomparso dal parlato comune, che deriva da NINNA NANNA, nenia che ogni mamma cantava giornalmente alla propria creatura per farla addormentare.
A quei tempi la prima messa era celebrata di consuetudine la mattina presto, per permettere ai contadini di assistervi prima di andare al lavoro. Dobbiamo ricordarci che eravamo ancora in piena civiltà contadina, quando l’80% della popolazione viveva d’agricoltura e l’asinello ed il mulo erano i mezzi di trasporto; i contadini, pertanto, dovevano partire dal paese molto presto per raggiungere i campi di lavoro.
Nella festività natalizia, la ninna nanna si rivolgeva al neonato Gesù che, come ogni bambino di questo mondo, non voleva prendere sonno. Il brano più cantato era “lu viaggiu di San Giuseppi”, detto anche “lu viaggiu dulurusu” (il viaggio a Betlemme); altri canti erano: “La notti di Natali (la nascita); Ninu Ninu lu picuraru (l’adorazione del Bambino); La Marunnuzza ‘n cammara siria, la ciaramedda, la notti di Natali, sutta un peri,dormi nun chianciri, Maria lavava, ora veni lu picuraru, dormi oh figghiu dormi, i tri Re (l’arrivo dei Magi); San Giusippuzzu di fora vinia, ralligrativi pastura, ha binutu lu lignamaru, chissu chi chianci mi pari Gesuzzu e due versioni della Salve Regina (Sarvi Riggina di la Mmaculata, Sarvi Riggina di Natali)”.
Nelle stradine silenziose di Ibla, in tempi remoti, le note echeggiavano e si diffondevano nell’aria creando un’atmosfera di festa. Chi era interessato invitava i suonatori a eseguire le nenie nella propria abitazione davanti al presepe o all’altarino; poteva trattarsi di una suonata occasionale o di una semplice novena. Al suonatore si dava un compenso, spesso in natura, come “li cosi aruci” e un bicchiere di vino. “Ninnariddari” erano generalmente poveri e spesso non vedenti, che, per sbarcare il lunario, suonavano nei circoli, dai barbieri e in occasione del Natale intonavano nenie.
Novena di Natale 2024: la storia
La Novena di Natale venne celebrata per la prima volta all’interno di una casa di missionari vincenziani di Torino il 25 dicembre del 1720.
Tra i missionari più stimati all’interno del Convitto vi era padre Carlo Antonio Vacchetta, maestro di sacre cerimonie e prefetto della chiesa e del canto. Proprio in questo ambiente così attento a vivere il Mistero di Gesù, venne scritta e per la prima volta eseguita in canto la Novena di Natale. La tradizione poi attesta a padre Vacchetta la scrittura sia dei testi sia della musica. Grazie ai missionari popolari la Novena si diffuse velocemente in tutto il Piemonte per poi espandersi in tutta Italia. Sicuramente la diffusione del rito venne facilitata dalla bellezza del canto e dalla semplicità della melodia.
LA NOVENA NEI GIORNI NOSTRI
La tradizione delle Nenie oggi continua ma si è adattata ai cambiamenti avvenuti nel tempo. Da alcuni anni, giovani delle bande cittadine e anche giovani musicisti hanno riportato sulle strade, nelle case e nelle scuole l’atmosfera e le musiche tipiche della novena natalizia. Una tradizione così magica si spera possa sempre continuare ed essere portata avanti dalle nuove generazioni, per farla conoscere e rallegrare i cuori durante le festività natalizie.
Regem venturum Dominum, venite adoremus
(Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire).
Salvatore Battaglia
Presidente Accademia delle Prefi
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