Il primo gennaio 2024 un terremoto di magnitudo 7.6 ha colpito la penisola di Noto, in Giappone, uccidendo 500 persone e lasciandone decine di migliaia senza casa. In queste zone rurali abitate perlopiù da gente molto anziana e fragile gli aiuti del governo tardano in compenso l’aiuto è arrivato da tutto il mondo attraverso i social
Il primo gennaio scorso un terremoto di magnitudo 7.6 ha colpito la penisola di Noto, nella prefettura di Ishikawa, in Giappone, uccidendo direttamente o indirettamente circa 500 persone e lasciandone decine di migliaia senza casa, acqua o elettricità. Un anno dopo in queste zone rurali abitate perlopiù da gente molto anziana e fragile gli aiuti del governo tardano, le demolizioni sono ferme, i cumuli di macerie ovunque, molte strade ancora inaccessibili e di ricostruzione non si parla. A fine settembre le stesse zone, in particolare le città di Wajima e Suzu, sono state flagellate per giorni da un’alluvione record. I centri di accoglienza traboccano di persone che hanno perso tutto, che hanno bisogno di tutto, tanti sono ancora i dispersi. Aiuti internazionali sono arrivati in particolare da Taiwan e dall’Ucraina. La fondazione buddista taiwanese Tzu Chi all’indomani del sisma si è mobilitata per fornire pasti caldi e sostegno psicologico. E nel più commovente esempio di gratitudine tanti rifugiati ucraini, accolti dal Giappone in seguito all’invasione russa, si sono messi in macchina alla volta di Noto per dare una mano. Ma tantissimo resta ancora da fare. Drammatica, in particolare, la situazione degli anziani non autosufficienti che non possono più accedere all’assistenza medica necessaria e continuano a morire. Inoltre quasi nessuno dei centri di accoglienza accetta animali, e questo ha spinto tanti sopravvissuti a scegliere di vivere in macchina per non lasciare soli i propri pet. Altri animali senza più nessuno vagano per le strade senza cibo né acqua. A Ishikawa risiedono anche 17mila stranieri, rimasti isolati dopo il terremoto a causa della mancanza di informazioni non in giapponese.
Il pattinatore Hanyu e il gruppo rock Complex
Per tutti questi motivi subito dopo l’alluvione alcuni influencer hanno dato il via sui social media a una campagna di sensibilizzazione e di raccolta di beni di prima necessità. Attraverso una wish list pubblicata su Amazon e varie gift card di Uniqlo, in migliaia hanno donato sacchi a pelo, stufette, pneumatici per le auto, detersivi, vanghe, stivali di gomma, wc portatili, piumini e coperte. Volontari e associazioni hanno fatto gruppo per fornire un’assistenza puntuale, e gli aiuti sono stati subito recapitati ai sopravvissuti. «È il grande potere della gente comune», sottolinea il giornalista Hino Hyakuso. E come riportava il quotidiano locale Chunichi, grazie anche alla comunità internazionale di fan del pattinatore Yuzuru Hanyu, sopravvissuto al terremoto più devastante della storia del Giappone (il «3.11») e da sempre impegnato nella solidarietà, la voce si è sparsa in tutto il mondo. Hanyu, che da due anni, nella ricorrenza del «3.11», produce con Nippon Tv l’ensemble show Notte Stellata, ha organizzato uno show di beneficenza in live streaming a Ishikawa, e nonostante questo fosse visibile solo in Giappone tanti fan hanno acquistato comunque i biglietti per dare una mano. Contemporaneamente, il gruppo rock Complex ha donato un miliardo di yen (oltre 6 milioni di euro) per aiutare i bambini delle zone colpite.
La mobilitazione social
Se gli attivisti locali denunciano come la politica nazionale abbia dimenticato Noto, la mobilitazione social fa scuola. Il governo giapponese ha infatti annunciato la creazione di un database nazionale di volontari e associazioni non profit per le aree colpite dai disastri naturali, volto a velocizzare le operazioni di soccorso fornendo alle municipalità locali informazioni affidabili in tempo reale. Con la minaccia incombente del Nankai Trough, il mega-terremoto che potrebbe fare oltre 300mila vittime (di cui, secondo un sondaggio, oltre il 30% dei giovani giapponesi non sa nulla), la comunicazione è fondamentale.
Il lavoro dei volontari
Intanto i volontari lavorano incessantemente per ripulire case e strade da fango e detriti. «Avevo già dato una mano dopo il terremoto», dice all’agenzia di stampa Jiji Masaki Uotani, 55 anni, della prefettura di Toyama. «Vedere la stessa zona colpita di nuovo spezza il cuore». Racconta al Corriere Tohru Fujimoto, sceneggiatrice di manga impegnata nella comunicazione del disastro: «A Machino, dove abitavano i miei genitori, 55 case su 60 sono state completamente distrutte dal sisma. L’alluvione ha fatto il resto, e l’unico supermercato è stato sommerso dall’acqua per oltre due metri. È stata l’alluvione più devastante in oltre settant’anni. Per la ripresa, se ci sarà, ci vorranno anni. Ma vedere l’ondata di solidarietà da parte dei miei connazionali e di tutto il mondo mi rende fiduciosa».
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