L’AQUILA – Il Natale 2024 ricopre un’importanza fondamentale per la Chiesa e in particolare per la Chiesa aquilana. La visita di Papa Francesco, la su apertura della Porta Santa di Collemaggio nella Perdonanza del 2022, l’apertura del Giubileo 2025 e la prima celebrazione del Natale da Parte di Mons. Antonio D’Angelo nella veste di Arcivescovo Metropolita della Diocesi dell’Aquila, assume per la nostra comunità religiosa carattere di solennità.
Riportiamo fedelmente il messaggio alla Comunità Ecclesiale e Civile di S. E. Mons. Antonio D’Angelo, Arcivescovo Metropolita di L’Aquila.
Carissimi Sorelle e Fratelli,
la festa del Natale richiama il tema della luce, infatti facciamo memoria della nascita di Gesù, evento che illumina tutta l’umanità, dono dell’amore del Padre, offerto al cuore dell’uomo.
Nel tempo che precede la solennità del Natale, c’è tanto fermento, tutti sono in movimento e i motivi sono molteplici: organizzare il viaggio di ritorno in famiglia, pensare alle vacanze, ai regali, altri ancora pensano ad addobbare casa, alcuni realizzano anche il presepe, si crea un clima di gioia. Si pensa al Natale come momento di pace, di armonia da ritrovare in particolare nelle famiglie. Questi sono sentimenti e desideri molto belli, profondi e tutto ciò ha una ragione: festeggiare l’evento della nascita di Gesù. Talvolta le luci “eccessive” degli addobbi oscurano la Luce, l’unica capace di dare vera speranza al cuore dell’uomo.
Quest’anno, il 24 dicembre, Papa Francesco aprirà la Porta Santa della Basilica di San Pietro, inizio dell’Anno Giubilare il cui motto è “Pellegrini di Speranza”. Il cristiano è colui che attraversa il tempo e la storia spinto proprio dal soffio della Speranza, che è Cristo Signore. Papa Benedetto XVI scrive nell’Enciclica Spe salvi: <<Nella speranza siamo stati salvati, dice san Paolo ai Romani (Rm 8,24). …. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto e accettato se conduce a una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino>> ( SS, 1).
L’esistenza umana è un pellegrinaggio, un cammino orientato ad un obbiettivo senza il quale si è vagabondi, sempre in cerca di qualcosa di indefinito e di insoddisfacente. Invece chi ha un traguardo da raggiungere non si arrende, ma con tenacia affronta il cammino pregustando già la meta. Infatti per noi cristiani le parole di San Paolo sono significative: <<La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato>> (Rm 5,5). Ogni persona porta dentro di sé questa grazia qual è l’Amore di Dio, che alimenta e illumina l’esistenza umana. Ognuno desidera vivere nella pace e in armonia con se stesso e con gli altri. Per raggiungere tale meta, di pace e di pienezza di vita, è necessario saper accogliere il dono che Dio mette nelle nostre mani. Da soli, infatti, non arriveremo mai alla vera gioia. Questo percorso esistenziale la persona umana potrà farlo solo se entra in relazione con Dio e con gli altri. Il testo della Genesi dice che l’uomo non è fatto per essere solo, ma nel “Tu” si realizza l’io, e il luogo dove accade l’incontro con l’Altro e gli altri è il cuore. La centralità del cuore, nella vita della persona umana, lo ha sottolineato Papa Francesco nell’Enciclica Dilexit nos: <<Tutto è unificato nel cuore, che può essere la sede dell’amore con tutte le sue componenti spirituali, psichiche e anche fisiche. In definitiva, se in esso regna l’amore, la persona raggiunge la propria identità in modo pieno e luminoso, perché ogni essere umano è stato creato anzitutto per l’amore, è fatto nelle sue fibre più profonde per amare ed essere amato>> (DN 21). La reciprocità interpersonale dà il senso al cammino dell’uomo. Non importa dove si vive ma con chi, il luogo e il tempo non possono essere ragione di vita, solo la relazione con un “Tu” dà significato all’esistenza umana. La relazione essenziale per l’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi è con Dio che per noi si è fatto presente nella storia ed è venuto a rivelarci l’amore del Padre, dono che va accolto perché proprio nel Tu divino, si compie la vita dell’uomo.
Il Natale è memoria di questo evento di luce e di speranza, non come esperienza del passato ma ancora viva nel presente. La nascita di Gesù ha segnato la storia dell’umanità, infatti il suo Vangelo è Parola di Verità a cui ogni uomo può riferirsi e trovare un vero e sano orientamento di vita.
Nel tempo presente spesso si è disorientati, sono tante, infatti, le incertezze determinate da fattori esterni ma anche interni alla vita delle persone e si rimanda a un domani migliore, rimanendo così nell’indeterminazione. Inoltre, spesso si attribuisce la causa di queste incertezze agli altri e alla società, per cui gli altri hanno il compito di migliorare lo stato presente per un futuro nuovo. Invece è necessario in primo luogo ascoltare se stessi, saper registrare i sentimenti e i pensieri che abitano il proprio cuore, perché solo partendo o ripartendo da questo si può orientare il cammino di vita che è ricerca e conquista nello stesso tempo. Oltre l’ascolto personale è necessario l’ascolto dell’Altro e degli altri, perché l’incontro con l’altro favorisce la crescita, apre a prospettive nuove di vita, permette di allargare gli orizzonti esistenziali e introduce nel mistero della vita perché possa essere esplorata e vissuta nella sua pienezza. Oggi si ha bisogno di sentire parole vere e cariche di speranza, capaci di attivare un processo luminoso, così da poter rischiarare il presente e vivere con serenità il domani.
Dalla grotta di Betlemme ancora una volta ci viene proclamata la Parola che rigenera il cuore dell’uomo e dell’umanità intera. Gesù dona la Parola dell’Amore del Padre, Parola che risponde all’anelito di vita che abita il cuore della persona. Allora la Speranza non è qualcosa di vago o indefinito, proiettando o rimandando al futuro qualcosa che si dovrà realizzare o accadere, ma un presente che tocca profondamente e integralmente il quotidiano dell’uomo, nelle sue luci e nelle sue ombre, perché già ora si costruisce il domani a partire dalla consapevolezza di essere innestati nel mistero dell’amore di Dio. Ora l’esperienza di Dio ha una duplice dimensione: quella personale e quella comunitaria. La prima richiede la Fede, in cui ciascuno si lascia toccare e coinvolgere dall’amore di Cristo attraverso l’ascolto del Vangelo, Parola di luce. La seconda è strettamente legata alla prima, infatti la relazione con l’altro è necessaria alla singola persona; nell’incontro interpersonale si condivide ciò che abita nel cuore e lo si esprime attraverso gesti di fraternità. Se questo non accade si rimane chiusi dentro il proprio guscio a difendere il nulla.
La fede è centrale nella vita dell’uomo perché richiama la dimensione trascendente. Papa Benedetto XVI afferma: <<La fede non è soltanto un personale protendersi verso le cose che devono venire ma sono totalmente assenti; essa ci dà qualcosa. Ci dà ora qualcosa della realtà attesa, e questa realtà presente costituisce per noi la “prova” delle cose che ancora non si vedono. Essa attira dentro il presente il futuro, così che quest’ultimo non è più il puro “non-ancora”. Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente, il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future>> (SS 7). Allora la nostra attesa di futuro è alimentata da un progetto di vita fondato sulla certezza di essere amati. Betlemme ci rivela questa verità e ci apre a un ‘nuovo’ della vita definito dai confini dell’Amore, dono che riempie il presente e apre al futuro. La Speranza ha una duplice dimensione: la responsabilità di scrutare i segni dell’opera di Dio che si compie in ogni persona e nella storia; lo sguardo rivolto verso l’alto per non rimanere imprigionati nella logica del mondo, circoscritta dai confini del temporale.
L’Anno Giubilare che ci apprestiamo a celebrare è grazia: un tempo prezioso per poter rifocalizzare il senso della vita. Il significato del Giubileo è proprio quello di fare una sosta, riprendere fiato nel cammino della vita, rigenerarsi per continuare il pellegrinaggio della vita con maggiore chiarezza e serenità, avendo una meta ben definita. Nel corso dell’Anno Santo, si possono compiere tanti gesti importanti ma quello più significativo sarà sicuramente l’incontro con la Misericordia, che rischiara il cuore dell’uomo e apre alla speranza. E’ un tempo dove si può ritrovare la serenità mettendo ordine alla propria vita personale. C’è bisogno, quindi, di curare l’interiorità, spazio esistenziale che dona senso e valore al nostro camminare quotidiano.
La nostra Comunità Diocesana ha un dono grande, la Perdonanza celestiniana, dono di Grazia che ogni anno si ripete nel mese di agosto. Nella Bolla d’indizione del Giubileo Spes non confundit, Papa Francesco afferma: <<Da questo intreccio di speranza e pazienza appare chiaro come la vita cristiana sia un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù. Mi piace pensare che un percorso di grazia, animato dalla spiritualità popolare, abbia preceduto l’indizione, nel 1300, del primo Giubileo. Non possiamo infatti dimenticare le varie forme attraverso cui la grazia del perdono si è riversata con abbondanza sul santo Popolo fedele di Dio. Ricordiamo, ad esempio, la grande “perdonanza” che San Celestino V volle concedere a quanti si recavano nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, a L’Aquila, nei giorni 28 e 29 agosto 1294, sei anni prima che Papa Bonifacio VIII istituisse l’Anno Santo>> (SnC 5).
Il Papa sottolinea dunque il grande valore spirituale della Perdonanza e questo è per noi un dono e un impegno: dono perché ci permette di sperimentare la bontà misericordiosa di Dio che rigenera il cuore dell’uomo; impegno perché siamo chiamati a essere donne e uomini di misericordia. Nel corso dell’Anno Giubilare avremo la possibilità di fare esperienza della Misericordia di Dio, partecipando alle varie celebrazioni e in modo particolare celebrando personalmente il Sacramento della riconciliazione. Auguro a ciascuno di fare un vero pellegrinaggio di vita e una vera conversione del cuore. Che possa rifiorire nel cuore di tutti una nuova umanità! La Basilica di Santa Maria di Collemaggio sarà chiesa Giubilare, secondo le indicazioni date dalla Bolla d’indizione che ogni Chiesa locale definisca delle chiese Giubilari. Collemaggio per noi è un luogo speciale che Papa Francesco, nell’omelia del 28 agosto 2022 in occasione della Sua Visita Pastorale alla nostra Chiesa diocesana, definisce: <<Tempio di riconciliazione>>, dove poter celebrare la misericordia di Dio. Sia per tutti una casa dove stare nel silenzio e nella preghiera per rigenerarsi a vita nuova in Cristo.
Come Maria che per noi è modello di vita e ha saputo accogliere nell’umiltà l’annuncio dell’Angelo e concependo il Cristo, così anche noi, docili all’azione dello Spirito e rinnovati nel cuore, siamo chiamati a testimoniare il Vangelo condividendo la gioia che portiamo nel cuore.
Auguro di vivere un sereno Natale e un buon Anno Nuovo, accompagnati dalla grazia dell’Anno Giubilare.
+ Antonio D’Angelo
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