Alessandra Todde: “La Sardegna sceglie le rinnovabili, non i fossili, ma fermando la speculazione”

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La Sardegna ha appena approvato la prima legge in Italia dedicata alle aree idonee per le energie rinnovabili. Una legge molto discussa, che si proponeva di frenare la speculazione ma ha attirato le critiche di molti ambientalisti. Ne abbiamo parlato con Alessandra Todde, presidente della Regione Sardegna, del Movimento 5 stelle, eletta lo scorso febbraio.

Dopo mesi di confronti, scontri e proteste abbiamo la prima legge sulle aree idonee in Italia, perché è importante, quali sono gli obiettivi?

La Sardegna è la prima Regione d’Italia a presentare la legge sulle aree idonee, con circa tre mesi di anticipo rispetto alla nuova scadenza fissata dal Governo. Ereditiamo una produzione elettrica che viene da combustibili fossili (due centrali a carbone) e stiamo prevedendo di utilizzare le fonti rinnovabili nella misura massima, tutelando l’ambiente e il paesaggio sardo, e il gas come energia di transizione. Siamo un modello di tutela e pianificazione del territorio e da oggi lavoriamo con ancora più convinzione per trasformare la Sardegna in una delle Regioni più sostenibili d’Italia.

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Oltre il 98% delle aree è considerato non idoneo. Non è un limite alla transizione? Con questo testo è evidente che ci sia la volontà di bloccare la speculazione, ma cosa risponde a chi le dice che la transizione non si può fare con tutti questi limiti, o che il suo governo è contro le rinnovabili?

La nostra legge è stata concepita per armonizzare la tutela del territorio con la necessità di una transizione energetica efficace. Le porzioni di territorio nelle quali nuovi impianti saranno possibili, per quanto limitate, sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi energetici prefissati. Questo approccio consente di prevenire speculazioni eccessive, garantendo al contempo lo sviluppo delle rinnovabili in modo sostenibile. Chi dice che siamo contro le rinnovabili non sa di cosa parla: quale Regione stanzia, da qui al 2030, circa 700 milioni di euro per comunità energetiche, impianti fotovoltaici, accumuli di energia elettrica per autoconsumo, con incentivi – anche a fondo perduto – destinati a cittadini, Comuni, imprese, privati ed enti regionali?

Con un uso così limitato del territorio si riuscirà ad attrarre gli investitori e a ridurre le bollette per i sardi che oggi pagano le più alte tariffe in Italia? Cosa risponde a chi, come il Mase, dice che meno aree idonee significa bollette più alte?

La superficie necessaria varia a seconda delle tecnologie adottate per produrre energia da fonti rinnovabili. Comprendiamo le preoccupazioni sull’interesse degli investitori e sull’impatto sulle bollette energetiche e stiamo lavorando al Piano energetico regionale proprio per definire un modello di gestione dell’energia che ci permetta di tagliare le bollette di famiglie e imprese. Inoltre, dobbiamo spegnere le centrali che utilizzano combustibili fossili. Il nostro è un modello di transizione energetica che rispetta il territorio e offre benefici ai sardi.

Sono state anche ampliate le aree non idonee per l’offshore. Cosa preoccupa di questa tecnologia? 

La tecnologia dell’eolico off-shore è molto costosa e complicata da realizzare, soprattutto in mari come il nostro. Attualmente, sembra più uno spauracchio cavalcato da alcuni media che utilizzano la paura di scenari apocalittici per aumentare il numero dei lettori o per spostare l’opinione pubblica nella direzione più congeniale a certi portatori di interessi ben diversi da quelli del popolo sardo.

Nel dibattito si sta parlando prevalentemente di eolico e solare, cosa ci dice delle altre fonti rinnovabili, a partire da idroelettrico, biomasse e geotermico?

La nostra attenzione non si limita affatto a eolico e solare. Le altre fonti rinnovabili, come idroelettrico, biomasse e geotermico avranno ruoli importanti e diversi tra loro nell’equilibrio generale del sistema energetico sardo del futuro. Siamo aperti alla valutazione dei diversi scenari possibili e stiamo lavorando su questo ai tavoli del Programma Energetico Ambientale Regionale.

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Il Testo unico sulle rinnovabili varato dal Consiglio dei ministri prevede l’istituzione di “zone di accelerazione” per gli impianti, da individuare in tutto il Paese e da coordinare con la disciplina delle aree idonee. In caso di contrasto tra questa normativa e il decreto della Regione Sardegna prevarrà il parere dello Stato o della Regione? 

Riconosciamo che la collaborazione con il governo nazionale è fondamentale, ma né in questo né in altri casi permetteremo che lo Stato si sostituisca alla Regione privandoci del diritto di decidere su come dare il nostro giusto contributo agli obiettivi nazionali ed europei. La nostra legge è stata strutturata per rispettare le normative nazionali ed europee. Siamo fiduciosi che, attraverso un dialogo costruttivo, la Regione possa far valere le proprie specificità e individuare autonomamente, invece che farsi dettare, il modello di sviluppo più adatto per la Sardegna.

C’è chi vuole portare i metanodotti in Sardegna, che ne pensa? Che limiti si porranno alle fonti fossili? Al momento la Sardegna usa energia che per tre quarti viene da fonte termoelettrica derivante per un terzo da carbone e per un terzo da gas naturale. Ha il livello pro capite di emissioni serra più alto in Italia. 

Sulla scelta delle fonti, l’unico punto fermo è la nostra convinta volontà di abbandonare al più presto quelle fossili, trovando nel frattempo le soluzioni transitorie meno impattanti l’ambiente. Sull’idea di creare un metanodotto che faccia da dorsale siamo stati molto chiari: non si farà un’opera così dispendiosa e impattante sul territorio. Al suo posto prevediamo due punti di approvvigionamento, uno per il nord e uno per il centro-sud, e la realizzazione delle sole infrastrutture indispensabili perché il gas venga distribuito solo dove serve davvero ed erogato con costi per gli utilizzatori, analoghi a quelli del resto d’Italia. Non faremo metanodotti.

Come si immagina la nuova agenzia sarda per l’energia? Quali sono le potenzialità e le criticità? 

La Sardegna deve recuperare un ruolo centrale e attivo nella gestione delle proprie risorse energetiche, attraverso un’azione diretta della Regione. È fondamentale che una parte significativa della produzione e dell’uso dell’energia sia gestita dalla Regione, così da assicurare vantaggi concreti per le famiglie e le imprese. La transizione energetica offre opportunità che non possono essere lasciate esclusivamente a chi intende sfruttare il nostro territorio senza restituire nulla alla comunità. La società energetica sarda sarà un organismo regionale con il compito di produrre energia per il sistema Sardegna e promuovere politiche energetiche in grado di trattenere sul territorio i benefici economici e ambientali. Si occuperà inoltre di incentivare le comunità energetiche e di sostenere iniziative locali, oltre a garantire una pianificazione efficace e il monitoraggio delle strategie energetiche regionali. L’Agenzia avrà un ruolo cruciale nel coordinamento delle attività nel settore delle energie rinnovabili, supportando enti locali e privati nella realizzazione di progetti sostenibili e assicurando il rispetto degli obiettivi definiti dal Piano Energetico Regionale. E per fare tutto ciò dovremo potenziare le strutture regionali esistenti e, in futuro, creare un nuovo ente dedicato, sul modello delle multiutility già presenti in altre regioni italiane.

Dice che la Sardegna può divenire la locomotiva d’Italia, ma in che modo? 

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Nei primi mesi di governo, abbiamo posto le basi per una Sardegna più autonoma e protagonista del proprio futuro. Crediamo che, attraverso delle politiche lungimiranti e una gestione efficace delle risorse che abbiamo, l’Isola possa davvero diventare una locomotiva per l’Italia, trainando lo sviluppo sostenibile e l’innovazione e proponendo un modello che altre Regioni potranno seguire in alternativa a quelli ormai superati e non più adatti alle sfide attuali. Essere progressisti vuole dire anche questo: non limitarsi a replicare modelli i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti noi, ma impegnarsi per trovarne di nuovi, migliori e in linea coi tempi.

Come considera il bilancio di questi primi mesi di governo? 

Abbiamo trovato una macchina ferma e arrugginita e siamo stati noi a farla ripartire. Abbiamo difeso la nostra autonomia nei confronti di una legge scriteriata come l’autonomia differenziata. Abbiamo chiuso la programmazione del fondo di sviluppo e coesione finanziando progetti infrastrutturali per 3,5 miliardi. Abbiamo dato un primo segnale sul comparto unico. Abbiamo stanziato risorse importanti per il Reddito regionale di inclusione per combattere la povertà. Abbiamo finanziato e stiamo erogando le borse di studio per tutti gli studenti universitari idonei. Abbiamo difeso l’acqua pubblica e dato una nuova gestione ad Abbanoa. Abbiamo stanziato risorse per tagliare le liste d’attesa e previsto supporto economico per chi deve eseguire esami urgenti e non può permetterselo. Abbiamo rimesso al centro l’edilizia pubblica, sbloccato i cantieri, riportato trasparenza. Potrei continuare.

Cosa propone per contrastare lo spopolamento e tutti i fenomeni connessi?

I giovani devono tornare a credere nella Sardegna per avere voglia di progettare qui il loro futuro e per crederci davvero devono avere la chiara percezione che la Regione e lo Stato sono i primi a fornire gli strumenti necessari. È nostra responsabilità programmare gli investimenti necessari per colmare i tanti ritardi accumulati nella nostra terra e nel nostro sistema sociale ed economico. Per questo sono stati recentemente stanziati col Fondo di Coesione circa 3 miliardi e mezzo da investire in infrastrutture, sia nella sanità e nel sociale che nella scuola, così come nei trasporti e nella rete idrica e in diversi altri settori. Tutti questi investimenti, uniti a grossi progetti che sono all’orizzonte e sui quali stiamo lavorando, come la transizione energetica e quelli di respiro internazionale come l’Einstein Telescope, genereranno una richiesta di competenze straordinaria e distribuiranno benessere sul territorio come mai prima.

La Sardegna è stata la prima vittoria in Italia per il campo largo, ma le contese all’interno del M5S tra il movimento e il suo fondatore/garante creano preoccupazione. C’è la possibilità che il Movimento si scinda? Come si sta evolvendo il rapporto con il Pd e con le altre forze? 

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Nessuna scissione, sarebbe un errore per chi la interpreta. Abbiamo già visto cosa succede a chi decide di staccarsi per creare un suo contenitore: non finisce nel migliore dei modi (ride). Quanto al M5s, è evidente che i recenti eventi lo hanno rafforzato e che da Nova è emersa chiaramente, ribadita per ben due turni di votazioni, la volontà di continuare l’attività politica come forza progressista e innovatrice. Sono orgogliosa della mia comunità politica. Ora si volta pagina. Anche qui in Sardegna ne usciamo rafforzati. Abbiamo un gruppo forte e coeso e una classe dirigente nuova, giovane, entusiasta. Il M5S non è subalterno a nessuno. La nostra base, il nostro statuto e la nostra carta dei principi e dei valori chiariscono da che parte stiamo. C’è un fronte progressista che è l’unica alternativa possibile alla destra, ma è un’alternativa che va costruita. E noi vogliamo lavorare in questa direzione. La vittoria dello scorso febbraio in Sardegna è solo la dimostrazione che la costruzione delle alleanze basata sulla condivisione delle idee e non sull’opportunismo del momento è fondamentale per ottenere la fiducia degli elettori.



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