“Unì il Paese, lezione permanente”

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“La strage che, 55 anni or sono, colpì Milano, a Piazza Fontana, fu espressione del tentativo eversivo di destabilizzare la nostra democrazia, imprimendo alle Istituzioni una torsione autoritaria”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione a 55 anni dall’attentato a Piazza Fontana a Milano. “Una ferita nella vita e nella coscienza della nostra comunità, uno squarcio nella storia nazionale. Il 12 dicembre 1969 fu una giornata in cui i terroristi intendevano produrre una rottura nella società italiana, con ordigni fatti esplodere anche a Roma, generando caos e generalizzazione della violenza. La Repubblica è vicina ai familiari delle vittime e sente il dovere della memoria. Il popolo italiano superò una prova terribile. Fu anzitutto l’unità in difesa dei valori costituzionali a sconfiggere gli eversori ea consentire la ripresa del cammino di crescita civile e sociale. Milano fu baluardo e tutto il Paese seppe unirsi. Preziosa eredità e, al tempo stesso, lezione permanente giacché non era scontato. Seguirono tentativi di depistaggio e di offuscamento della realtà. L‘impronta neofascista della strage del ’69 è emersa con evidenza nel percorso giudiziario, anche se deviazioni e colpevoli ritardi hanno impedito che i responsabili venissero chiamati a rispondere dei loro misfatti. La pressante domanda di verità da parte dei cittadini ha sostenuto l’impegno e la dedizione di uomini delle Istituzioni, consentendo di ricomporre il criminale disegno e le responsabilità. Verità e democrazia hanno un legame etico inscindibile. Aver ricostruito la propria storia, anche laddove essa è più dolorosa, è stata condizione per trasmettere il testimone alle generazioni più giovani, a cui tocca ora proseguire il percorso di civiltà aperto dai nostri padri nella lotta di Liberazione e nella Costituzione”. Ha concluso il Capo dello Stato.

La prima del corriere sulla strage di Piazza Fontana (@web)

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12 dicembre 1969, è l’inizio della ‘strategia della tensione’

Attorno alle 16.30 di venerdì 12 dicembre 1969, un ordigno di elevata potenza esplose nel salone centrale della Banca nazionale dell’Agricoltura di Milano, in piazza Fontana, dove coltivatori diretti e imprenditori agricoli erano convenuti dalla provincia per il mercato settimanale. Il pavimento del salone fu squarciato e gli effetti furono devastanti. La bomba uccise diciassette persone e altre novanta circa furono ferite. 

Qualche minuto prima della esplosione, un altro ordigno venne rinvenuto, inesploso, nella sede della Banca commerciale di piazza della Scala, sempre a Milano. 

Tra le 16.55 e le 17.30, a Roma, si verificarono altre tre esplosioni: una, all’interno della Banca nazionale del Lavoro di via San Basilio; altre due, sull’Altare della Patria di piazza Venezia. Questi attentati provocarono feriti e danni. 

Strage di Piazza Fontana: il cratere dell'esplosione all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura

Strage di Piazza Fontana: il cratere dell’esplosione all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura (@web)

I cinque attentati del pomeriggio del 12 dicembre 1969 segnarono l’inizio di quel periodo della vita del Paese che va sotto il nome di strategia della tensione

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Per la sua gravità e la sua rilevanza politica, la strage di piazza Fontana divenne il momento più alto di un progetto eversivo preparato attraverso gli altri attentati di quello stesso anno e diretto – come emerge dalle sentenze – a utilizzare il disordine e la paura per sbocchi di tipo autoritario o per una stabilizzazione neocentrista. 

Sono stati accertati “accordi collusivi con apparati istituzionali”, come è scritto nella relazione della Commissione Stragi. 
Dopo aver inizialmente imboccato la “pista anarchica”, le indagini si concentrarono su alcuni esponenti del gruppo padovano facente capo al terrorista nero Franco Freda e all’organizzazione di estrema destra Ordine nuovo, e coinvolsero esponenti di spicco dei Servizi segreti. 

Il lungo e tormentato iter processuale, tre processi, si è concluso nel 2005 con assoluzioni complessive, ma certificando che la strage è attribuibile all’organizzazione eversiva di estrema destra Ordine nuovo. Restano confermate in via definitiva le condanne per depistaggio di due ufficiali del SID – il servizio segreto delle forze armate – e il coinvolgimento dell’esperto di armi di Ordine nuovo Carlo Digilio (reo confesso e collaboratore di giustizia). L’ultimo processo, inoltre, ritiene dimostrato sotto il profilo storico il coinvolgimento nella strage dei terroristi neri Franco Freda e Giovanni Ventura (non più processabili perché già assolti in via definitiva nel primo processo).



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