I finanzieri del Comando Provinciale di Bari stanno dando esecuzione nel Barese ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal gip del Tribunale di Bari su richiesta della Procura e ad un sequestro preventivo di beni per circa 5 milioni nei confronti di 17 persone fisiche e tre persone giuridiche. Applicate misure cautelari detentive personali degli arresti domiciliari nei confronti di 4 persone e misure interdittive del divieto temporaneo di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese nei confronti di 2 persone, nonché alla notifica degli avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti degli indagati.
L’operazione odierna scaturisce da un’articolata attività di indagine, coordinata da questo Ufficio giudiziario e delegata alla Tenenza Guardia di Finanza di Bitonto, che avrebbe consentito di individuare una presunta associazione a delinquere, “dedita all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, nonché all’attività di riciclaggio dei proventi illeciti generati da tali condotte”. In particolare il presunto sodalizio avrebbe operato tra Bitonto e Bari. Stando agli accertamenti effettuati, gli indagati “attraverso imprese prive di struttura logistico-amministrativa, consistenza patrimoniale e finanziaria, vere e proprie “scatole vuote”, delle “c.d. cartiere” – spiega la Procura in una nota – emettevano fatture per operazioni inesistenti nei confronti di società con effettiva consistenza aziendale “good company”, provvedendo al prelevamento e alla restituzione in contante delle somme bonificate alle società clienti, trattenendo, per il “servizio reso”, una percentuale pari al 22% dell’imponibile esposto in fattura, ovvero l’Iva”.
In alcuni casi, come emerso dalle indagini, i componenti del presunto sodalizio criminale si sarebbero presentati “presso le sedi dei clienti principali con denaro al seguito, ancor prima dell’emissione delle relative fatture e, chiaramente, ancor prima del bonifico che avrebbero dovuto effettuare i destinatari delle false fatture, utilizzando di fatto il contante come vera e propria “merce” da “piazzare” ai propri clienti. In pratica, gli indagati avevano creato un vero e proprio mercato tramite il quale, dopo aver “venduto il denaro” e con esso la falsa fattura, rientravano in possesso di detta liquidità attraverso i bonifici eseguiti dai clienti, comprensivi del 22% di IVA sulla somma consegnata che costituiva il prezzo del “servizio” reso”.
Dalle indagini sarebbe emersa anche la particolare denominazione, “pacco di sale”, utilizzata dagli ideatori della frode per denominare gli indirizzi di posta elettronica impiegati per l’apertura dei rapporti bancari (nazionali ed esteri) su cui sarebbero confluiti i bonifici disposti per le false fatture e utilizzati dagli stessi per la ricezione della corrispondenza degli istituti finanziari. Tale locuzione in gergo barese (“Pacc D’ Seul”) viene utilizzata, generalmente, per qualificare un soggetto di “poco valore” e, nel caso di specie, per definire le imprese “cartiere” appositamente create per emettere le fatture false, rappresentate, di fatto, da “scatole vuote”.
Gli accertamenti sono consistiti in attività tecniche, acquisizioni documentali, accertamenti bancari, servizi di osservazione e pedinamento effettuati documentando, anche con materiale fotografico, che avrebbero consentito di documentare anche i momenti in cui gli indagati procedevano allo svuotamento dei conti correnti aziendali e alla consegna del denaro ai clienti. Tra gli indagati per associazione per delinquere figurano anche 2 soggetti (direttore di banca e dipendente di un ufficio postale), che secondo gli investigatori avrebbero agevolato i prelevamenti di denaro e l’attività di riciclaggio in violazione delle specifiche disposizioni in materia antiriciclaggio.
I riscontri investigativi hanno permesso di ricostruire l’intera filiera illecita e accertare che il gruppo criminale avrebbe emesso, “dal 2018 al 2023, circa 1.250 fatture per operazioni inesistenti per l’importo complessivo di oltre 10 milioni di euro nei confronti di 165 operatori economici. Fra gli utilizzatori gli investigatori avrebbero individuato anche “imprese insospettabili, di rilevanti dimensioni ed aggiudicatarie di appalti pubblici, operanti nei più disparati settori: edile, recupero per il riciclaggio di materiale plastico e di rifiuti solidi, demolizioni, commercio di autovetture, fabbricazione di olio d’oliva grezzo, farmacie, lotteria e scommesse, servizi connessi ai sistemi di vigilanza, intrattenimento, installazione di impianti elettrici, fabbricazione di utensileria, pulizia,
commercio di energia elettrica”.
La presunta attività illecita posta in essere avrebbe garantito “notevoli e facili guadagni agli emittenti delle fatture per operazioni oggettivamente inesistenti che, a fronte della descritta attività fraudolenta, hanno potuto intascare una percentuale del 22% su operazioni commerciali mai poste in essere”. Gli utilizzatori, dal loro canto, avrebbero invece potuto “abbattere la base imponibile sulla quale determinare le imposte sul reddito e l’I.V.A. dovuta, con notevoli risparmi d’imposta nonché, in alcuni casi, assicurarsi la possibilità di depredare le “casse” aziendali per scopi personali, mascherandoli come costi inerenti all’attività d’impresa”. In tale contesto si procederà , altresì, alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 4 appartenenti alla Guardia di Finanza e 3 funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, indagati, a vario titolo e in alcuni casi in concorso tra loro, per i reati di peculato, ricettazione e falso.
Le indagini, condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari, avrebbero consentito di rilevare che i suddetti indagati, nei confronti di alcuni dei quali nel corso delle investigazioni sono state già operate attività di perquisizione e sequestro, si sarebbero appropriati illecitamente (tra la fine del 2022 e il 2023) di beni (tra i quali biciclette elettriche, pannelli solari, materiale elettrico, capi di abbigliamento) di cui avrebbero avuto la disponibilità in quanto oggetto di controllo presso l’area portuale di Bari. Con riferimento alla posizione di uno dei predetti dipendenti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è stato, altresì, contestato da questo ufficio giudiziario il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità in relazione alla ricezione di alcune utilità (tra le quali pranzi, cene e un viaggio a Dubai) da parte di un imprenditore sottoposto a controlli doganali.
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