La scontata chiusura di un cerchio. O meglio, di un circolo vizioso in cui girano miliardi di dollari. “Se lo sportwashing aumenterà il mio Pil dell’1%, allora continueremo con lo sportwashing”. Bin Salman è stato di parola. “Non mi interessa quello che pensano gli altri: o una crescita dell’1% del Pil che mi viene dallo sport e punto ad un altro 1,5%. Chiamatelo come volete”. Dopo aver arricchito la Saudi Pro League con l’acquisto di alcuni dei più grandi giocatori d’Europa, i Mondiali del 2034 in Arabia Saudita rappresenteranno il definitivo trionfo calcistico (e non solo) del regime di MbS. Ripulire l’immagine di un Paese che nasconde condotte illecite e violazioni dei diritti umani. Un apice raggiunto con l’ennesimo caso di sportwashing. Il più efficace e influente su scala mondiale: dal golf al tennis, passando per la boxe. Fino alle Olimpiadi invernali asiatiche del 2029. Tutto nelle potenti mani del fondo PIF. Così L’Arabia Saudita è diventata la vetrina di un movimento sportivo che maschera la verità a chi “non vuole vedere oltre”.
L’appello di Amnesty International
Le preoccupazioni espresse da Amnesty International nei mesi scorsi (e altre 10 organizzazioni a tutela dei diritti umani) non erano poi così immotivate: “La situazione è ulteriormente peggiorata sotto il principe della corona Mohammed bin Salman: esecuzioni di massa, torture, sparizioni forzate, gravi limitazioni alla libertà di espressione, repressione dei diritti delle donne, discriminazione contro la comunità Lgbtqia+, uccisione di centinaia di persone migranti lungo il confine con lo Yemen. Il sistema del “kafala” (“garante”) continua a causare il massiccio sfruttamento del lavoro migrante”. Una denuncia che ha preso piede proprio in concomitanza della nomina dell’Arabia Saudita come paese ospitante per i Mondiali 2034. Così, mentre da anni il Paese cerca di ripulire la reputazione a livello mondiale con eventi di importanza globale con la pratica dello sportwashing, tutto il contorno continua a rimanere un grosso punto di domanda.
Lo sport(washing) in Arabia: il dominio del fondo PIF
Da ormai diversi anni Arabia Saudita fa rima con sportwashing. Se nel 2021, secondo le stime del The Guardian, il fondo d’investimento pubblico PIF (Public Investment Fund) aveva investito 7 miliardi di dollari in accordi sportivi, oggi le cifre aggiornate confermano il trend di “spendere senza badare a spese”, programmando investimenti ingenti che stanno influenzando il mondo dello sport. Dunque, non solo il calcio. Dagli ormai noti colpi “a effetto” di Cristiano Ronaldo, Benzema, Neymar e tutti gli altri (convinti a mazzette di milioni di dollari), – assicurati grazie al monopolio del fondo PIF, pari a oltre 3,4 miliardi di dollari, sul campionato di calcio arabo – gli interessi si sono spostati anche su altre discipline. Ad esempio, nel golf è stato raggiunto un accordo tra LIV (circuito di proprietà del fondo FIP) e la PGA (l’organizzazione che riunisce i principali tornei degli Stati Uniti) per oltre 2 miliardi di dollari: una fusione forzata che rappresenta una sorta di vera e propria acquisizione da parte dei sauditi. E come non nominare il tennis con l’ultima trovata del Six Kings Slam, ricchissima esibizione con cui Riyad ha richiamato sei tra i migliori tennisti al mondo ricoprendoli letteralmente d’oro. L’assegno staccato dal vincitore Jannik Sinner? 6 milioni di dollari. Gli interessi del fondo PIF si spostano anche in Formula 1 – che dal 2021 ha debuttato nel calendario del mondiale ospitando un Gp sul circuito cittadino di Jeddah – e in Formula E (a Diriyah). Sportwashing anche con la boxe (sono stati 55 i milioni di dollari sborsati per l’incontro di pesi massimi tra Oleksandr Usyk e Anthony Joshua nel 2022), dove ora si punta a istituire un campionato globale ingaggiando circa 200 dei migliori pugili investendo oltre 2 miliardi di dollari, e con la WWE, in cui l’Arabia ha ospitato la serie “Crown Jewel” della competizione. Per tornare al calcio, le città di Riyad e Jeddah sono diventate il punto di riferimento per le finali di Supercoppa Italiana (per cui è stato raggiunto un accordo quadriennale per il 2024, 2025, 2028 e 2029) e spagnola (come accaduto nel 2020). Ma non è finita qui.
I Mondiali della contraddizione
Un’unica candidatura appoggiata da 170 federazioni. Quelli in Arabia Saudita saranno i primi campionati mondiali – con il format di 48 squadre nazionali – organizzati in un singolo Paese. 15 innovativi e futuristici stadi già in costruzione, grazie allo sfruttamento della manodopera straniera. “Estate o inverno? Pronti a tutte le possibilità”, aveva dichiarato il presidente della federcalcio saudita Yasser Al-Misehal. Molto probabilmente si potrebbe assistere a un remake di Qatar 2022: manifestazione spostata nei mesi più freddi per avere condizioni climatiche migliori. Uno spostamento che potrebbe provocare un’altra lunga pausa invernale per i campionati europei, proprio come accaduto due anni fa.
Neve in Arabia
Il Fondo PIF riuscirà anche nell’impresa di far nevicare in Arabia Saudita. In che modo? Facendo nascere a 50 km dalla costa del Golfo di Aqaba, nel nord del Paese e nel cuore del deserto, la località di Tojena. Una vera e propria “città del futuro” con laghi, hotel, impianti moderni e piste da sci costruite artificialmente e alimentate a energia rinnovabile. Un progetto urbano (fortemente voluto dal fondo sovrano saudita) del valore di 460 miliardi di dollari. Trattasi della località che nel 2029 diventerà il Villaggio olimpico e la cornice per eccellenza in occasione dei Giochi invernali asiatici. Secondo le previsioni di Bin Salman “Trojena ridefinirà il turismo di montagna nel mondo creando un luogo basato sui principi dell’ecoturismo“. Il progetto entra a far parte degli obiettivi della Saudi Vision 2030, ovvero l’imponente serie di progetti e investimenti con cui il Paese vuole diversificare la sua economia diminuendo la dipendenza dal petrolio.
L’intera località che “renderà questi Giochi invernali un evento globale senza precedenti” – commenta Nadhmi Al-Nasr, Chief Executive di NEOM – andrà a coprire un’area di quasi 60 chilometri quadrati. Secondo quanto indicato nel progetto, nella zona prescelta si percepiscono temperature anche sotto lo zero nei mesi più freddi. Tojena sarà ultimata nel 2026 ma in Europa c’è già chi considera questo progetto “aberrante”. E secondo la visione futuristica di Bin Salman verranno incorporate alcune tecnologie che ancora non esistono, come macchine volanti e una gigantesca luna artificiale. Inoltre, è previsto un esodo di 20mila persone, costrette a trasferirsi per far funzionare al meglio il progetto.
L’Arabia Saudita si è trasformato nel Luna Park più ricco del pianeta. In una corsa contro il tempo, e verso il denaro. Per un quadro nel deserto – solo all’apparenza – suggestivo. Bin Salman, ancora una volta, ripulisce l’immagine del suo Paese. Ma non i problemi.
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