Auto incendiate per la casa contesa, carabiniere svela retroscena dell’indagine

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“La vittima sporse denuncia contro Claudio Sinapi per atti persecutori nei suoi confronti e l’oggetto del contendere era l’appartamento al quarto piano in Piazza Di Rauso dove abita la figlia della vittima che Sinapi voleva acquistare ad un costo inferiore al reale valore ma che la vittima non aveva alcuna intenzione di vendere. La vittima ci consegnò una registrazione tra lui e il gestore di una caffetteria che si fece da intermediario cercando di convincere la vittima a vendere. Questa prima denuncia però venne archiviata”.

Sono le dichiarazioni rese dal maresciallo capo della compagnia carabinieri di Capua che condusse le indagini nel processo per Gazmir Shahu detto Gas, 39enne albanese per gli attentati incendiari per conto dei coniugi Claudio Sinapi e Annamaria Fortino che volevano ottenere la casa del vicino a un prezzo irrisorio. Dinanzi alla prima sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta da Giovanni Caparco, con a latere Francesco Maione e Patrizia Iorio, il militare ha spiegato che “dopo la prima archiviazione la vicenda proseguì(dopo la riapertura del fascicolo a opera del sostituto procuratore Gerardina Cozzolino) in seguito il primo incendio che si verificò il 2 novembre 2021 in via Roma dove venne incendiata la Fiat 500 X di proprietà della vittima – il capofamiglia – dove le fiamme coinvolsero altre vetture. I vigili del fuoco stabilirono la natura dolosa dell’incendio e la vittima sporse denuncia collegando l’incendio a Claudio Sinapi e ai suoi svariati tentativi per convincerlo a vendergli casa. La figlia della vittima escussa ci disse che aveva visto Sinapi parlare con Gas”.

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Vengono quindi avviate le indagini con le relative intercettazioni sui coniugi Sinapi/ Fortino (condannati per tali vicende con rito abbreviato) e si verifica il secondo incendio, “la notte del 3 maggio 2023 viene incendiata la vettura della figlia della vittima che denuncia Sinapi ritenendolo responsabile dell’atto incendiario. Ci dice di aver visto un soggetto albanese lì sul luogo dell’incendio e lo riconosce. Acquisiamo le immagini delle telecamere di un b&b in via Roma e ricostruiamo i momenti antecedenti all’incendio e subito dopo” – spiega il sottufficiale che ha poi ricostruito le varie intermediazioni nei confronti della vittima a opera di persone vicine a Sinapi per costringere l’uomo alla vendita dell’immobile sottocosto, nonchè il coinvolgimento di Gas e Likaj (Renaldo Likaj) assoldati da Sinapi per gli atti incendiari.

Il maresciallo capo ha chiarito che nel corso delle intercettazioni è emerso che “ci sarebbero stati altri episodi intimidatori e che l’oggetto non erano più le cose ma che si sarebbe passati alle violenze fisiche”. Numerose poi le esternazioni dei coniugi Sinapi/Fortino sullo “sparare nelle gambe” il capofamiglia o sul fatto che doveva “essere solo ucciso”. L’escalation degli intenti violenti si era avuta secondo il narrato del militare poichè gli atti intimidatori precedenti non avevano subito l’effetto sperato per i coniugi. “Siamo intervenuti prima che potessero mettere in atto le violenze” – ha ammesso il maresciallo.

Si torna in aula nel mese di gennaio per l’escussioni degli altri testi della Procura. L’imputato è assistito dagli avvocati Romolo Vignola e Paolo Di Furia.



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