«Almeno 21 morti, soprattutto donne e bambini»

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Wafa, almeno 21 morti in un raid israeliano su Nuseirat

Almeno 21 palestinesi, la maggior parte donne e bambini, sono stati uccisi e decine di altri sono rimasti feriti questa sera in un raid israeliano che ha colpito un edificio e diverse case nel campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza. Lo riporta l’agenzia palestinese Wafa. Secondo fonti mediche citate dall’agenzia, dalle prime ore di oggi gli attacchi aerei israeliani in tutta Gaza hanno ucciso 70 persone, di cui 57 nelle zone del centro e sud della Striscia.


La forte pressione dell’amministrazione Biden e l’indicazione non negoziabile di Donald Tump, che intende rientrare alla Casa Bianca a cose fatte, hanno accelerato in modo significativo i colloqui per l’accordo di rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza.

Gli spostamenti convulsi dei mediatori in questi giorni tra il Cairo, Doha, Gerusalemme, Vienna (e Ankara dietro le quinte) parlano chiaro. Così come le dichiarazioni, ufficiali o anonime, delle parti secondo cui una sintesi tra Gaza e Israele «non è mai stata così vicina». Nel frattempo le parole del presidente eletto consegnate al Time risultano come un ulteriore pressing su Benyamin Netanyahu: «Lui ha fiducia in me e sa che voglio la fine della guerra», ha detto Trump. Senza però rivelare se il premier israeliano gli abbia dato garanzia sulla fine del conflitto prima dell’inizio del suo mandato. «Se mi fido di Netanyahu? Non mi fido di nessuno», ha risposto secco. Hamas nel mentre, ha rivelato il Wall Street journal, avrebbe ceduto su uno dei punti su cui si sono incagliate le trattative nei mesi scorsi e ha comunicato per la prima volta ai negoziatori che accetterà la presenza dell’Idf durante il cessate il fuoco sull’asse Filadelfia, al confine con il deserto egiziano, e nel corridoio di Netzerim, che divide in due la Striscia. Dove l’esercito negli ultimi mesi ha costruito, al posto di due lingue di sabbia due vere autostrade asfaltate, torrette e diverse strutture che fanno presumere l’intenzione di una permanenza non breve, sotto forma di controllo della minaccia militare di Gaza. Hamas, secondo il report, «ha anche concordato che resterà a distanza dal lato palestinese del valico di Rafah tra Egitto e Gaza». Il confine con il deserto resta però un tema critico dell’accordo tra Israele e uno dei Paesi mediatori, l’Egitto. Che ha più volte ribadito di non tollerare la presenza di Tsahal sulla linea di demarcazione. Tuttavia, la dichiarazione di un alto funzionario del Cairo a Ynet fa ritenere che negli incontri delle scorse settimane con omologhi israeliani sia stata trovata una composizione: «L’annuncio di un accordo è molto vicino», ha affermato la fonte. L’organizzazione islamista intanto ha fornito un elenco di rapiti, tra cui cittadini statunitensi, che rilascerebbe: fino a 30 durante un periodo di cessate il fuoco di 60 giorni, in cambio della liberazione da parte di Israele di detenuti palestinesi e dell’ingresso di maggiori aiuti umanitari a Gaza. Nella partita è entrata pure la Jihad islamica palestinese, che ha inviato una sua delegazione in Egitto – guidata dal capo Ziad al-Nakhala – per trattare direttamente, evidenziando che dopo le forti frizioni dei mesi scorsi con Yahya Sinwar (ucciso dall’Idf il 16 ottobre) Hamas è scesa a patti: nello scambio tra ostaggi e detenuti palestinesi, questi ultimi avrebbero dovuto essere scelti dai capi di Gaza, escludendo (o limitando di molto il numero) dei jihadisti incarcerati in Israele da liberare. Il governo israeliano, nonostante sia chiaro che le trattative hanno preso slancio, sta mantenendo la linea del no comment. Ma il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan, dopo aver incontrato oggi Benyamin Netanyahu a Gerusalemme, ha affermato di aver «avuto la sensazione che il primo ministro sia pronto all’intesa». Secondo alcune fonti, Israele starebbe puntando a un accordo umanitario limitato, ossia il rilascio di tutte le donne, gli anziani, i malati e i feriti. Eventualità a cui si oppongono con forza le famiglie degli ostaggi: «Un’intesa parziale condanna mio fratello a morte», ha dichiarato a Ynet Ophir Angrest, 16 anni e mezzo, fratello di Matan, 21 anni, soldato israeliano rapito il 7 ottobre. Nel frattempo, un rapporto definitivo del ministero della Salute è stato presentato nella residenza del presidente Isaac Herzog in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani. Il documento, redatto in base alle informazioni mediche e alle testimonianze degli ostaggi rilasciati nell’accordo di gennaio, riferisce episodi di «violenze brutali, pestaggi, ustioni, abusi sessuali su uomini, donne e bambini»






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