Noi bocciammo Tavares già un anno fa. La famiglia Agnelli-Elkann se n’è accorta con un anno di ritardo. I danni restano al territorio.
Tiene banco, come è normale che sia, la vicenda Stellantis che ha delle importanti ripercussioni sul tessuto economico e sociale della Basilicata. Una storia complicata che risale al tempo in cui si credeva che l’industria pe- sante, trasferita al Sud per volontà politica, avrebbe creato lavoro e sviluppo. Un modello che si è rivelato fallimentare sul lungo periodo, il cui falli- mento chiama alle responsabilità politiche le classi dirigenti nazionali che non hanno saputo difendere le imprese italiane, creare le condizioni per il sano protezionismo industriale e per evitare che quella che era la gran- de fabbrica italiana, dopo essere stata abbondante- mente sostenuta dallo Stato, andasse via nel management e negli investimenti.
IL FLOP DI TAVARES
La Fiat per anni è stata un’impresa politicamente ed economicamente assistita. Cossiga disse di lei che era una strana impresa a partecipazione pubblica dove gli utili erano provati e le perdite collettivizzate. Acquisita l’impossibilità di continuare su questo settore la famiglia Agnelli (nel frattempo diventata Elkann) ha deciso che gli investimenti non erano più da tenere in Italia e che era il momento di smobilitare. La politica è rimasta inerte ed immobile. Ora il buon Adolfo Urso sta cercando con tutte le sue forze di salvare il salvabile ma è assolutamente evi- dente che l’utopia green che ha distrutto l’automotive europeo unito con le mancate scelte di politica industriale di interesse nazionale rendono difficilissimo invertire la rotta. Ci piacerebbe che, prima ancora di attaccare il go- verno, qualcuno dei tanti che hanno fatto il tifo per la violenta transizione ecologica e che hanno applaudito agli obblighi di disfacimento delle macchine a carburante fossile facessero dei grandi mea culpa. Siamo certi che non lo faranno. Il mito della caverna ci in- segna che chi è turlupina- to dalle utopie non ammette l’esistenza della realtà neanche quando l’evidenza dei fatti lo costringe. Dalla nostra parte possiamo dire che già un anno fa nello speciale di fine anno tra i grandi flop dell’economia mettemmo Tavares. Il costruttore del modello socialmente rovinoso di Stellantis trapiantata all’estero è stato costretto a lasciare la carica, lo farà con una buona uscita importante che offende i lavoratori che vivono condizioni di disagio ma dimostra che anche in questa nostra analisi avevamo pienamente ragione. Tavares per noi era un flop già l’anno scorso. La proprietà di Stellantis se n’è accorto solo adesso. Faremo dono di una copia della nostra testata agli azionisti sperando che ascoltino i nostri suggerimenti non pagati ma sempre fondati e corretti.
QUEL MODELLO DI SVILUPPO SBAGLIATO
Va anche detto, per onestà intellettuale, che esistono anche delle colpe endogene nei danni che la crisi di Stellantis sta producendo in Basilicata. A partire dagli anni ’90 del secolo scorso una classe dirigente regionale ha creduto che l’unico sviluppo economico possibile in Basilicata potesse fare a meno degli imprendi- tori lucani e ha preferito che ad investire nella nostra terra fosse l’importante famiglia di industriali torinesi. Lo hanno fatto con i soldi pubblici. Secondo alcune stime l’investimento pubblico destinato negli anni allo stabilimento Fiat di Melfi è pari a 3,35 miliardi di euro. Una somma importante per non dire incredibile. Per carità di Patria non ci dilungheremo ad elencare quanti lodarono quell’investimento. Se la memoria non ci inganna addirittura la Regione Basilicata pubblicò un libro in tre volumi per lodare quel modello di sviluppo. A distanza di anni possiamo dire che, anche se nel breve tempo ha dato la parvenza di una spinta economica fornendo occupazione, quel modello è stato fallimentare. Certo in tanti alla Fiat-Sata hanno lavorato ma ci chiediamo quanto sarebbe stato più fruttifero per il nostro territorio se quelle stesse somme fossero state spese per realizzare e costruire investimenti e imprenditoria con il cuore ed il cervello in Basilicata. Oggi, se avessimo investito quelle risorse per far crescere e moltiplicare lo spirito di impresa dei lucani avremmo una situa- zione migliore? Saremmo meno esposti alla crisi del modello di sviluppo esogeno? Domande che possono restare anche senza risposte. Il gioco di Ucronia è poco divertente ma resta il dubbio sugli errori fatti nel programmare quel tipo di investimento. Qualcuno dovrà pure assumersene una responsabilità.
LUCANI SVEGLAMOCI
La parola crisi in greco significa cambiamento. Non è necessariamente una cosa negativa. Le crisi spingono le migliori energie verso nuove risorse. In tutta onestà noi non crediamo che il modello di sviluppo proposto dalla Fiat-Sata-Stellantis sia stato vincente, non crediamo neanche che avrà un futuro a lungo termine in Basilicata e neanche in Italia. Le follie green e il differenziale dei costi di produzione spingeranno sempre di più alla delocalizzazione delle grandi imprese pesanti. Non sarà esente Stellantis da questa dinamica. La politica potrà drogare un po’ il ciclo. Noi ci auguriamo che questa fase possa essere di transizione e serva ai tanti lucani per capire che non è più il momento della tuta blu, dell’autobus da prendere da ogni paese per sperare di arrivare a fine mese ogni mese con uno stipendio in fabbrica. Il mondo è cambiato. La Basilicata ha una serie di vantaggi competitivi che devono essere sfruttati e che possono essere vo- lano reale di crescita se riusciremo a mettere a sistema coraggio ed intelligenza. Il nostro invito ai tanti ra- gazzi ed adulti che vivo- no questo momento direttamente o indirettamente è quello di creder nella possibilità di costruirsi il proprio futuro con le proprie mani. Lucani svegliatevi. Iniziate ad avere coraggio e pretendete che la politica vi metta, ci metta in condizione di poter costruire imprese e tessuto economico lucano. Pretendiamo che accanto alle giuste misure di salvaguardia delle situazioni occupazionali si inizino a costruire le condizioni per la crescita delle nostre menti e delle nostre braccia senza più aspettare che qualcuno prenda i soldi pubblici per investire per qualche an- no nella nostra terra. Svegliatevi. Svegliamoci. Facciamolo senza il cappello in mano alla politica e senza sperare che venga qualcuno da Torino o da Parigi a salvarci. Serve un cambio di passo nella nostra coscienza. Pretendiamo gli strumenti tecnici e gli investimenti necessari perché ciò avvenga, smettiamola di lamentarci e proviamo a giocarci il futuro. Questa si che sarebbe la vera risposta alle scellerate e predatorie politiche di Tavares, di Agnelli-Elkann e di Stellantis.
Di Massimo Dellapenna
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