PAPUA NUOVA GUINEA La miniera di Bougainville cerca finanziamenti, ma restano irrisolti i danni ambientali

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L’isola che dalla fine degli anni ’80 chiede l’indipendenza dalla Papua Nuova Guinea è alla ricerca di fondi per far partire le attività estrattive a Panguna, con l’apporvazione di Port Moresby. Ma un rapporto pubblicato nei giorni scorsi sottolinea che sorgenti d’acqua e terreni contengono ancora metalli e sostanze tossiche, nonostante 30 anni di chiusura dell’impianto a causa del conflitto civile.

Port Moresby (AsiaNews/Agenzie) – Ishmael Toroama, a capo della regione autonoma dell’Isola di Bougainville, ha annunciato di essere alla ricerca di investitori stranieri per riaprire la miniera di Panguna, la terza miniera di oro e rame a cielo aperto più grande al mondo, fino al 2016 gestita dalla società anglo-australiana Rio Tinto. Le dichiarazioni seguono quelle di James Marape, primo ministro della Papua Nuova Guinea, secondo cui l’isola dovrà essere in grado di trovare da sola finanziamenti che coprano almeno metà del bilancio. “Partiamo dall’indipendenza economica come base fondamentale, perché una volta che si hanno i capitali si è in grado di sostenersi”, ha detto Marape a una conferenza a Sydney. Le entrate di Bougainville, pari al 7%, non sono sufficienti per “alzarsi e andare avanti. Dobbiamo portarle al più presto a circa il 50% dei finanziamenti”, ha specificato Marape.

L’isola di Bougainville fa geograficamente parte dell’arcipelago delle Isole Salomone, ma appartiene alla Papua Nuova Guinea, da cui in passato ha cercato di rendersi indipendente. I danni ambientali generati dallo sfruttamento della miniera esacerbarono le aspirazioni di autonomia e nel 1989 un’insurrezione armata sfociò in conflitto civile: negli scontri, durati fino al 1998, morirono almeno 15mila persone. Il processo di pace, iniziato nel 2001 con l’accordo di Arawa, e mediato dalla Nuova Zelanda, portò nel 2019 a un referendum – non ancora ratificato dal Parlamento della Papua Nuova Guinea -, in cui oltre il 98% dei cittadini di espresse a favore dell’indipendenza.  

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A gennaio di quest’anno il governo della regione autonoma ha rilasciato una licenza per l’esplorazione del rame alla Bougainville Copper Limited (BCL), secondo cui in 20 anni la miniera di Panguna dovrebbe generare 36 miliardi di dollari di entrate. Prima della chiusura nel 1989, la miniera copriva metà delle esportazioni della Papua Nuova Guinea. 

“Dobbiamo firmare ulteriori memorandum d’intesa con la Rio Tinto e la Bougainville Copper Limited per l’inizio dei lavori delle infrastrutture obsolete che comportano rischi gravi e imminenti per le comunità coinvolte e per il proseguimento delle trattative”, ha commentato Toroama. “Bougainville continua ad essere una lezione, un avvertimento, un promemoria di ciò che non si deve fare nello sviluppo del settore delle risorse”, ha aggiunto.

Ma finora non è stata compiuta nessuna attività di ripristino ambientale. Un rapporto pubblicato nelle scorse settimane ha sottolineato che, anche dopo 30 anni di inattività, la miniera di Panguna continua a essere fonte di gravi danni ambientali, il cui prezzo viene pagato dalla popolazione indigena. Gli argini del giacimento, le strade e diversi vecchi edifici sono a rischio estremo o elevato di crollo, si legge nella “Valutazione sull’impatto dell’eredità della miniera di Panguna”, redatta in seguito a un ricorso presentato da un gruppo di cittadini contro la Rio Tinto nel 2020. L’azienda non ha accettato di pagare un risarcimento alla popolazione, ma ha finanziato l’indagine, condotta dall’organizzazione Tetra Tech Coffey.

Il documento continua dicendo che le inondazioni provocate dalla miniera hanno avuto un impatto sulla coltivazione di terreni agricoli, sull’accesso all’acqua e ai servizi essenziali. Inoltre, è stata rilevata la presenza di sostanze chimiche tossiche in vecchi serbatoi di stoccaggio, in container di spedizione, in un impianto di trattamento delle acque reflue e in alcuni campioni di terreno. E anche se la qualità dell’acqua del fiume Kawerong-Jaba, lungo cui vivono circa 12-14mila persone, è migliorata nel corso degli anni – si legge ancora -, alcune sorgenti continuano a essere nocive a causa della contaminazione da metalli. 

“È giunto il momento che Rio Tinto esca allo scoperto e renda noto il suo impegno alla popolazione, in modo da ripristinare la sua fiducia come azienda e come istituzione”, ha commentato Theonilla Roka Matbob, che fa parte del governo locale di Bougainville. “Cosa c’è di così difficile per Rio Tinto nell’utilizzare la stessa energia che aveva impiegato 34 anni fa per fondare la miniera, per gestire e controllare i danni che ha creato?”, ha aggiunto.

Un primo memorandum d’intesa tra la Rio Tinto, la Bougainville Copper Limited e il governo locale per il ripristino ambientale della città di Panguna, in realtà, è già stato firmato ad agosto di quest’anno. Ma la bonifica prevista dall’accordo non copre una serie di aree a rischio individuate dalla valutazione d’impatto ambientale. A seguito della pubblicazione del rapporto, il direttore generale Kellie Parker ha semplicemente dichiarato: “Restiamo impegnati a lavorare a stretto contatto con le parti interessate per garantire che l’eredità della miniera di Panguna venga affrontata in modo giusto ed equo a vantaggio delle comunità colpite”.





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