L’antica Casa cantoniera di Samugheo diventerà un centro culturale internazionale: il progetto di un artista 27enne

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di Andrea Tramonte

La Casa cantoniera si trova alle pendici del nuraghe Perda Orrubia nel territorio di Samugheo, in una zona granitica dove il paesaggio è scandito dalla presenza di numerose vigne. L’edificio è stato costruito tra il 1950 e il 1954 per ospitare i cantonieri che si occupavano di garantire la manutenzione delle provinciali, come la 33 su cui si affaccia la struttura; è la strada che connette il paese del Mandrolisai con Atzara. Quella casa, abbandonata da anni, ora tornerà a nuova vita grazie a un progetto chiamato Rio Accoro. Lo ha fondato Marco Loi, artista visivo, ricercatore e progettista culturale di 27 anni che – dopo aver terminato gli studi in Olanda – ha deciso di tornare nel suo paese d’origine per creare qualcosa che fosse in grado di incidere sul territorio, contribuendo alla sua crescita. Ha impegnato risorse personali per acquistare la Casa cantoniera e trasformarla, nel giro di un anno o giù di lì, in un centro internazionale di cultura, arte contemporanea e turismo rurale.

La sfida – esaltante ma complessa – è quella di reagire al problema dello spopolamento delle aree interne e alla marginalità delle zone rurali attraverso interventi e ricerche artistiche che non siano calate dall’alto ma pienamente integrate nel contesto, in un dialogo necessario con la comunità. “Vogliamo creare un ecosistema culturale che generi cambiamenti strutturali, non solo eventi isolati, – racconta a Sardinia Post -. Vogliamo che questo spazio diventi un punto di riferimento per la coesione sociale e la crescita collettiva, valorizzando il patrimonio locale e le risorse spesso trascurate delle aree rurali”.

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La zona intorno alla struttura è stata pulita e sono iniziati i primi interventi di manutenzione, in attesa dell’autorizzazione per l’avvio dei lavori veri e propri. Il progetto architettonico è in fase di elaborazione e dovrà essere approvato dalla Soprintendenza. La Casa è costruita su due piani con degli spazi interni abbastanza grandi e dispone anche di uno spazio esterno indipendente – chiamato ‘la casa dei viandanti’ – che storicamente veniva usato per ospitare le persone di passaggio. All’interno ci sono tracce della vita conviviale che si svolgeva in passato: tre camini e un forno venivano usati dai cantonieri e dalle loro famiglie. Ma non solo. “Alcuni abitanti di Samugheo mi hanno raccontato che si organizzavano anche feste del paese – racconta Loi – riunendosi sotto un bellissimo albero secolare. Questo aspetto mi piace perché il nostro obiettivo per la casa è che possa tornare alla comunità ed essere attraversata”. Gli spazi saranno fluidi e reinventati costantemente. “Mi piace l’idea che possano essere versatili – racconta l’artista -. Magari un periodo delle stanze per le residenze d’artista e poi luoghi di mostre, e ancora laboratori per ricerche e lavoro”.

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Rio Accoro non è solo un intervento di recupero edilizio, ma un’iniziativa che mira a generare impatto culturale, sociale ed economico a lungo termine. Qui, arte contemporanea e turismo si fonderanno, dando vita a un modello ibrido di sviluppo che unisce l’associazione culturale no-profit con un’impresa innovativa, in grado di sostenersi economicamente attraverso il turismo rurale. Il cuore del progetto è l’idea di utilizzare la cultura come leva di trasformazione sociale. “Rio Accoro sarà così un punto di incontro tra dimensione locale e globale, ospitando residenze artistiche, eventi pubblici, mostre, spettacoli teatrali e concerti – spiega ancora -. Questa nuova piattaforma culturale esplorerà temi cruciali come l’ecologia, la diversità e le migrazioni, coinvolgendo le comunità locali in processi di rigenerazione partecipata”. Sul piano artistico Loi punta su “un approccio multidisciplinare, in cui l’arte si intrecci con altre modalità di ricerca. In Olanda ho studiato Geo-design, un approccio nel quale arte e design studiano il territorio e le sue problematiche sociali, politiche ed ecologiche, cercando di leggerlo attraverso esplorazioni e ricerche. Tutti gli interventi artistici avranno a che fare con il territorio ma non dovranno essere autoreferenziali. Cerchiamo di portare in zone marginalizzate interventi che interagiscano con la comunità e che lascino qualcosa”. 

(Foto di Giacomo Bianco)





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