La grande promessa del calcio serbo

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Agli occhi di qualcuno, soprattutto tra i tifosi del Barcellona, Andrija Maksimović potrebbe già avere, suo malgrado, l’aria dello sbruffoncello. A inizio novembre, alla vigilia della partita di Champions League tra i blaugrana e la Stella Rossa, l’allenatore Vladan Milojević aveva deciso di portarlo con sé in sala stampa per la classica conferenza pre-partita. Maksimović è un classe 2007 ed era naturale che i giornalisti gli chiedessero del confronto con i suoi coetanei più famosi, Cubarsí e Lamine Yamal, che avrebbe affrontato il giorno dopo. Probabilmente senza nessuna malizia, come si converrebbe a un diciassettenne, dopo aver detto che si tratta di due giocatori fantastici, Maksimović si era permesso di dire di voler «dimostrare di essere migliore di Lamine Yamal».

La partita, come era prevedibile, per la Stella Rossa è finita male: 2-5 per il Barcellona, con Maksimović che ha potuto toccare poco e niente il pallone. Ovviamente, il risultato ha scatenato l’ironia dei tifosi del Barcellona nei confronti del talento della Stella Rossa per l’ardore delle sue dichiarazioni.

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Ignoravano, evidentemente, il contesto dietro quelle parole. Maksimović aveva già affrontato Lamine Yamal (e anche Cubarsí) agli Europei Under-17 del 2023, in Ungheria, e non aveva sfigurato. Proprio lui e l’ala del Barcellona avevano fissato il punteggio sull’1-1 finale. Di Lamine Yamal si sapeva già che fosse un fenomeno fuori scala – e infatti avrebbe chiuso il torneo da capocannoniere con 4 gol – mentre Maksimović era arrivato all’Europeo come stellina della Serbia insieme a Matija Popović, che da lì a qualche mese sarebbe stato protagonista di un intrigo di mercato in Italia.

Maksimović non avrà bruciato le tappe come Lamine Yamal, e probabilmente non ha un talento di quella portata, ma nel frattempo si è affermato in prima squadra e ad oggi è senza dubbio uno dei minorenni più interessanti d’Europa.

A ottobre ha anche esordito con la Nazionale maggiore della Serbia, nella quale conta già 4 presenze dopo aver saltato a pie pari Under 20 e Under 21. E, sempre a proposito di Lamine Yamal, “Piksi” Stojković, che da CT non ha certo dimostrato lo stesso genio che possedeva da calciatore, al suo arrivo nel ritiro lo ha salutato scherzosamente dicendogli «dove sei Yamal?!», come se ormai per qualsiasi 2007 del mondo il metro di paragone dovesse essere lo spagnolo.

Stojković era ironico, ma se i giocatori serbi in questi anni non sono riusciti a esprimersi al meglio in Nazionale dev’essere stato anche per la pressione dell’opinione pubblica. La speranza dei serbi è che l’innocenza di Maksimović porti qualcosa di diverso: per i più ottimisti, il numero cinquantacinque della Stella Rossa dovrebbe essere davvero una sorta di risposta locale a Lamine Yamal. Meglio il paragone con lui, comunque, che quello con Messi che gli affibbiano sin da quando ha iniziato a toccare il pallone. A chiamarlo per la prima volta “Messi”, in realtà, era stato suo cugino, ma solo perché portava i capelli lunghi come l’argentino, che era il suo giocatore preferito. Poi, però, trattandosi di un numero dieci mancino, il pubblico ha iniziato a ricamarci sopra.

Di paragoni con Messi, per fortuna, Maksimović non ne vuole sapere. Anzi, se proprio deve scegliere un idolo, il suo modello è nientemeno che Adem Lijajić. Come lui, l’ex trequartista della Fiorentina, infatti, è nativo di Novi Pazar, al confine col Kosovo, dove gioca tutt’oggi da capitano: «Ljajić è una leggenda a Novi Pazar. È tornato dall’estero e ha rimesso in piedi la squadra della città», dice Maksimović con ammirazione.

Nella speranza che il giovane della Stella Rossa possa avere una carriera meno turbolenta di Ljajić, è normale che un Paese come la Serbia riponga così tante speranze in lui.

Erano anni che non veniva fuori un prospetto così forte a quest’età, forse dai tempi di Lazar Marković, la cui storia purtroppo non ha preso la piega che ci saremmo aspettati.

Anche Marković aveva diciassette anni quando esplose e con lui, peraltro, Maksimović condivide lo scenario in cui ci ha fatto innamorare. Come Marković nel 2013 in un’anonima partita di Europa League in casa dell’Inter, anche Maksimović è apparso agli occhi di molti per la prima volta a San Siro, contro i nerazzurri, nella seconda giornata del girone di Champions League. L’Inter ha vinto 4-0, ma Maksimović è riuscito comunque a farsi apprezzare.

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Chi ha assistito a quell’incontro, probabilmente sarà rimasto impressionato da una sua azione in particolare. È la mezz’ora del primo tempo, la Stella Rossa costruisce da dietro. Maksimović, da mezzala destra, è alto alle spalle di Mkhitaryan che sale in pressione. Il difensore centrale della Stella Rossa gli recapita il pallone. Bastoni, con i tempi giusti, si alza su di lui. È un’uscita che il difensore interista potrebbe compiere a occhi chiusi, l’avrà fatta decine di volte contro avversari più blasonati. La palla che arriva a Maksimović, peraltro, è davvero potente per essere un passaggio. Il diciassettenne della Stella Rossa, però, non fa una grinza e non solo ammortizza il pallone, ma lascia anche sul posto l’avversario: chiude il controllo orientato con il sinistro verso l’interno, incassa una ginocchiata di Bastoni mantenendo l’equilibrio e ruotando se lo lascia alle spalle. Maksimović non è basso, anzi, per essere un trequartista/mezzala di tocco è abbastanza longilineo, un metro e ottantadue. Però è pur sempre un ragazzo diciassette anni, e infatti non ha ancora un filo di muscoli, il suo fisico è quello di un adolescente. Bastoni potrebbe essere il suo sarcofago, ma nonostante ciò Maksimović sa usare il suo corpo in modo da non risentire del contatto: nel calcio la forza fisica è sempre un concetto relativo, da commisurare al ruolo e, soprattutto, all’intelligenza con cui si usa ciò che si ha a disposizione.

Superato Bastoni, senza staccare il piede dalla palla Maksimović se la aggiusta con un tocco e inizia a condurre in avanti. Mkhitaryan rientra in maniera furiosa perché la difesa è scoperta; Maksimović, allora, curva leggermente la corsa e apre il braccio per tenerlo dietro e impedirgli di affondare il tackle. Dopodiché scarica sull’esterno e conclude la sortita riempiendo l’area e procurandosi un tiro, che finisce di poco a lato.

È un’azione che racchiude un po’ tutto il meglio del repertorio di Maksimović oggi che non è nemmeno maggiorenne e che deve sviluppare quasi tutto: il dinamismo, l’intelligenza spaziale, l’istinto e, soprattutto, un primo tocco che lascia immaginare per lui un futuro splendente. Basta poco per accorgersene: delle tante qualità che potrebbe avere, niente pareggia la delicatezza con cui entra in contatto con la palla. Merito, in un certo senso, del calcio in cui è cresciuto, quello serbo.

San Siro non avrà di certo il manto erboso migliore al mondo, per usare un eufemismo, ma a Maksimović sarà sembrato il paradiso rispetto ai terreni di gioco dei campionati serbi. Tra campi spogli e pieni di avvallamenti e fondi in sintetico che con la pioggia si trasformano in acquitrini, i passaggi che arrivano tra i suoi piedi hanno sempre rimbalzi e giri imprevedibili. In quelle condizioni Maksimović ha dovuto sviluppare una sensibilità diversa per addolcire i palloni e far valere la sua tecnica.

Il suo primo tocco è una meraviglia, che si tratti di stoppare per tenere sotto la palla, di saltare l’uomo con un controllo orientato o anche di giocare di prima, fondamentale in cui a diciassette anni è già specialista. Dalla trequarti in su a Maksimović piace velocizzare il gioco e spesso lo fa con scarichi veloci e precisi. Nei suoi appoggi si fondono tecnica e istinto. Tante volte, quando riceve spalle alla porta, riesce a sorprendere l’avversario con un colpo di tacco. Il suo primo assist lo ha realizzato in maniera poco convenzionale, nel “Derby eterno” contro il Partizan, proprio con uno scarico: la difesa avversaria ha respinto un cross e la palla è rimabalzata verso di lui, che per non perdere tempo a coordinarsi l’ha appoggiata al compagno in area con i tacchetti.

Muoversi tra le linee implica accettare che il tempo a disposizione sia minimo. I ricami di prima a Maksimović servono a giocare sul filo del tackle avversario, oggi che ancora il suo fisico potrebbe farlo soffrire contro difensori robusti. Non che non sappia usare il corpo, anzi: per avere diciassette anni lo sfrutta già piuttosto bene e non ha paura del contatto. È evidente, però, quanto il suo atletismo non sia quello di un professionista.

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Di giocatori dal piede morbidissimo in questi anni ne sono usciti parecchi. Molti di loro, però, sono rimasti nel limbo, penalizzati da un calcio sempre più frenetico dove ai calciatori viene chiesto di coprire sempre più campo.

Per non rimanere semplicemente un giocatore bello da vedere, di quelli che si esprimono solo in contesti specifici, Maksimović forse nei prossimi anni dovrà sviluppare un pizzico di esplosività, che magari si aggiungerà al suo repertorio semplicemente crescendo. Ci sono zone di campo in cui, dopo aver ricevuto, potrebbe provare l’uno contro uno ma non lo forza perché sente di non avere lo spunto per saltare l’uomo.

Discorso diverso, invece, quando è chi difende a fare la prima mossa. Maksimović, allora, ha la reattività e la tecnica per reagire e magari dribblare o far filtrare il pallone alle spalle di chi lo affronta.

Tante volte è lui stesso a creare le condizioni ideali per vincere l’uno contro uno, provocando l’avversario con tutta quella serie di espedienti che i giocatori più tecnici, di solito, utilizzano per ingannare l’uomo e invitarlo al tackle: si aggiusta la palla sul posto alternando interno e suola, così da ricavarsi lo spazio per il dribbling, oppure la fa scivolare sul collo per poi scaricare con l’esterno al compagno più vicino e muoversi per chiedere la chiusura del triangolo.

Ciò non toglie che questa sia ancora la fase sperimentale della sua carriera e che ogni tentativo, anche sbagliato, sia un modo per testare le proprie qualità tra i grandi.

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Non è ancora possibile immaginare cosa sarà Maksimović se troverà il modo di esprimere al meglio le proprie qualità nella frenesia del calcio contemporaneo.

Già oggi, comunque, la sua attitudine lascia pensare con ottimismo al futuro. Maksimović, infatti, non è solo i suoi piedi, non si attiva solo quando entra in contatto con la palla, ma è anche un giocatore con un’interpretazione piuttosto matura degli spazi.

In questi primi mesi tra i professionisti il suo allenatore lo ha sperimentato in diversi ruoli: da seconda punta/trequartista centrale di un 4-2-3-1, in una coppia di mezzepunte alle spalle del centravanti, sia a destra che a sinistra, ma anche largo a destra. Nella partita contro l’Inter, invece, è partito da mezzala destra di un 5-3-2.

La posizione di partenza, comunque, non è così importante. L’essenziale è che Maksimović possa muoversi a più altezze del campo, preferibilmente sul centro destra. Le partite in cui ha avuto più difficoltà, infatti, sono state quelle in cui è rimasto troppo tempo vicino alla punta oppure aperto in fascia.

Il suo gioco fiorisce in zone interne, negli interstizi che compaiono ogni volta che le linee avversarie si muovono, ed è per questo che deve essere libero di interpretare gli spazi. Ciò non significa che Maksimović sia un giocatore anarchico, anzi. A dispetto dell’età, la sua intelligenza posizionale è piuttosto sviluppata. Non è del tutto un talento selvatico. Non ha bisogno di venire incontro al pallone, non vuole monopolizzare la manovra – o forse non ancora, per una questione di gradi. Maksimović capisce quando abbassarsi e quando invece posizionarsi tra le linee. Può salire alle spalle della mezzala avversaria oppure defilarsi sulla stessa linea del proprio mediano per prendersi palla dai difensori. Nell’ultimo terzo di campo, poi, non è un problema se deve eseguire un taglio verso la fascia. Insomma, si tratta di un giocatore intelligente e dinamico, che capisce l’importanza dei movimenti senza palla nell’economia della fase offensiva.

Maksimović esegue il taglio interno-esterno e riceve la verticalizzazione sul lato corto dell’area. Poi appoggia al compagno in ampiezza e dal cross nasce il secondo gol della Stella Rossa contro lo Stoccarda in Champions League.

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Questa sera contro il Milan Maksimović affronterà una squadre che difende con una zona pura e renda evidenti, per gli avversari, gli spazi da raggiungere tra le linee. Per questo le sue qualità potrebbero rivelarsi particolarmente indigeste per i rossoneri. In particolare, la sua tecnica potrebbe trovare terreno fertile alle spalle di Fofana e Reijnders.

Vedremo da che posizione lo farà partire Milojević.

Maksimović, in ogni caso, sembra il tipo di giocatore che sia da mezzala che da trequartista nella stessa partita può partecipare alla costruzione e poi alzarsi per rifinire: in potenza la stessa stirpe di David e Bernardo Silva più che di altri fuoriclasse balcanici del passato.

In questa manciata di partite tra i grandi, una volta raggiunta la trequarti, non ha avuto modo di scoprire le sue carte in fase di definizione (1 gol e 2 assist in 11 partite di campionato), ma a diciassette anni ogni partita è una scoperta. Per ora è evidente che gli piace tentare i cross a giro verso il secondo palo e che sembra possedere un buon tiro: il suo unico gol in campionato lo ha segnato con una punizione da posizione defilata, quasi dalla linea di fondo, che ha scavalcato il portiere e si è infilata sotto l’incrocio del palo lontano. Per il resto, però, non sappiamo ancora molto.

Chissà, magari stasera inizierà già a far vedere altro. I talenti slavi a San Siro di solito si sentono sempre a casa.





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