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La realizzazione della Capital Markets Union è ormai da tempo al centro dell’agenda europea. I report di Letta e Draghi ne hanno sottolineato l’urgenza e, più di recente, la presidente BCE Lagarde ha richiamato nuovamente la necessità di uno sforzo per passare dalla teoria all’azione. In questo quadro gli strumenti di finanza alternativa rivestono un ruolo fondamentale, in quanto, da un lato, consentono di diversificare le fonti di finanziamento disponibili per l’economia reale; dall’altro lato, rappresentano una modalità di diversificazione dei portafogli di attività, con vantaggi significativi per gli investitori e per i ritorni sui loro investimenti nel medio-lungo periodo.
Tra gli strumenti di finanza alternativa, i fondi di private equity riescono a canalizzare le risorse degli investitori, in larga parte istituzionali, italiani e internazionali, a servizio della crescita delle attività imprenditoriali. A tal riguardo, giova sottolineare che a fine 2023 i fondi attivi in Italia avevano in portafoglio oltre 2.200 società (dati AIFI-PwC).
Tuttavia, questi stessi fondi sono spesso al centro di analisi, anche da parte delle autorità europee, che non sempre riescono a rappresentare in maniera corretta ed esauriente le loro peculiarità operative.
Nella recente pubblicazione della BCE sulle esposizioni complesse delle banche verso fondi di private equity e di credito (Complex exposures to private equity and credit funds require sophisticated risk management) si riconosce che i mercati del private equity e del private credit sono cresciuti notevolmente negli ultimi anni, anche in Europa, e che le banche ne risultano esposte attraverso canali diversi. Si associa, in questa sede, tali strumenti ad una opacità del mercato. Merita ricordare che, soprattutto a livello europeo, la gestione di questi fondi è stata oggetto di armonizzazione normativa nell’ambito della Direttiva sui gestori di fondi alternativi (Alternative Investment Funds Managers Directive) del 2011. Questa è stata recepita con dettagliate disposizioni che disciplinano i profili autorizzativi dei gestori, i presidi relativi alla gestione del rischio, all’antiriciclaggio e alle funzioni di controllo, nonché la trasparenza e l’informativa nei confronti degli investitori. C’è poi una supervisione da parte delle autorità nazionali sui gestori e la condivisione di informazioni sull’andamento dei fondi stessi, che fa sì che risulta quantomeno improprio parlare di “[…] the structure of private equity and private credit markets is often opaque”.
Tra l’altro, riguardo ai fondi di credito, la disciplina è stata ulteriormente precisata e irrigidita, nei limiti alla leva e nei vincoli di diversificazione, con la revisione della Direttiva sui gestori di fondi alternativi (Direttiva UE 2024/927 del 13 marzo 2024).
Entrando poi nello specifico dell’utilizzo della leva finanziaria, il report BCE asserisce che il ridimensionamento delle IPO come canale di exit porti i gestori a utilizzare maggiormente la leva per remunerare gli investitori. Come sottolineato anche in altre occasioni, i fondi di private equity di norma non ricorrono all’uso della leva finanziaria per aumentare le risorse in dotazione del fondo. Fanno eccezione le operazioni di LBO (Leveraged Buy Out) dove però la leva è presente solo a livello di singolo veicolo (Special Purpose Vehicle) costituito per effettuare l’operazione di acquisizione. Tra l’altro, la funzione di risk management dei gestori è già preposta a monitorare l’osservanza dei limiti di rischio prefissati per ciascun fondo, tra cui il rispetto della leva finanziaria, ed è chiamata a esprimere il proprio parere in relazione alle operazioni di investimento e a monitorare i rischi finanziari e di portafoglio in capo ai fondi.
Da ultimo, merita sottolineare come le strategie di creazione di valore delle aziende si sono focalizzate sempre di più negli ultimi anni sulla crescita organica, con interventi di add-on e acquisizioni seriali piuttosto che sul ricorso alla finanza strutturata, anche alla luce delle dinamiche macroeconomiche e finanziarie.

di Anna Gervasoni, direttrice generale AIFI

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