Lavoro dipendente di fonte estera imponibile se il percettore è residente in Italia

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Le somme ricevute da un residente in Italia, per le retribuzioni per un lavoro negli Stati Uniti, sono imponibili in entrambi gli Stati. A chiarirlo è la Corte di cassazione

In materia di imposte dirette, le retribuzioni che un soggetto residente in Italia riceve negli Stati Uniti per un lavoro lì eseguito sono imponibili in Italia e (anche) nello Stato (USA) nel quale sono percepite.

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L’art. 15 della Convenzione Italia-Stati Uniti stabilisce, infatti, che le retribuzioni sono “imponibili” nello Stato della fonte del reddito ma non dice che sono imponibili “soltanto” in tale Stato, assumendo una tassazione concorrente e non esclusiva.

Sulle imposte pagate all’estero spetterà quindi il credito d’imposta appositamente previsto dalla legge fiscale italiana.

Sono queste le indicazioni contenute nella sentenza della Corte di cassazione n. 30800 pubblicata il 2 dicembre 2024.

Lavoro dipendente di fonte estere: i chiarimenti della Corte di Cassazione

La controversia vede protagonista un contribuente a cui l’Agenzia delle entrate rettificava ai sensi dell’art. 36-ter del DPR 29.9.1973, n. 600 il reddito dichiarato annullando, per quel che qui interessa, il credito di imposta per il reddito prodotto all’estero e imputando la stessa cifra a maggior reddito con imposte, sanzioni e interessi conseguenti.

Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione tributaria assumendo che la rettifica operata dall’Ufficio fosse illegittima perché l’art. 15 della Convenzione Italia-Stati Uniti contro la doppia imposizione fiscale valesse ad escludere l’imponibilità in Italia del reddito percepito dal contribuente negli Stati Uniti, benché questi fosse fiscalmente residente in Italia.

La Commissione adita accoglieva il ricorso e annullava l’atto impositivo e da ciò è scaturito l’appello dell’Ufficio finanziario. La CTR accoglieva parzialmente l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, confermava l’atto impositivo, salvo che per la parte relativa alle somme corrispondenti alle imposte federali già versate dal contribuente negli Stati Uniti per le quali la Commissione ha imposto alla Amministrazione finanziaria il ricalcolo e il riconoscimento della detrazione.

Il contribuente è così ricorso in cassazione, lamentando violazione dell’art. 15 della citata Convenzione Italia-Stati Uniti.

Il ricorrente deduce l’erroneità della sentenza perché avrebbe interpretato la disposizione invocata nel senso di affermare l’imponibilità del reddito da lavoro dipendente percepito all’estero da cittadino italiano residente in Italia, con applicazione della detrazione dell’imposta eventualmente corrisposta negli Stati Uniti.

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Secondo il ricorrente la chiara interpretazione dell’art. 15, comma 1, della convenzione dovrebbe indurre a concludere che, a prescindere dalla residenza e dal domicilio fiscale in Italia, il reddito percepito dal dipendente negli Stati Uniti è da considerarsi imponibile (solo) negli Stati Uniti e non in Italia.

La Corte di cassazione ha respinto il ricorso ritenendo il motivo di doglianza infondato.

L’articolo 15 della Convenzione, ai paragrafi 1 e 2 recita:

«Salve le disposizioni degli artt. 16, (Compensi e getto di presenza) 18 (Pensioni, ecc.) e 19 (Funzioni pubbliche), i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato.

2 Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente svolta nell’altro Stato contraente sono imponibili soltanto nel primo Stato se:

  • a) il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato;
  • b) le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato;
  • c) l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato».

Dunque, l’art. 15, paragrafo 1, primo periodo, si riferisce alle retribuzioni che un soggetto residente in uno Stato riceve in questo primo Stato e sono imponibili soltanto nel medesimo primo Stato.

L’art. 15, paragrafo 1, secondo periodo, si riferisce alle retribuzioni che un soggetto residente nel primo Stato riceve nel secondo Stato per un lavoro svolto nel secondo Stato: queste retribuzioni sono imponibili nel primo Stato se il soggetto è residente nel primo Stato e (anche) nel secondo Stato nel quale sono percepite.

La disposizione dice infatti che le retribuzioni sono imponibili nel secondo Stato ma non dice che sono imponibili «soltanto» nel secondo Stato come invece si esprime l’art. 15, paragrafo 1, primo periodo e come dice, per le eccezioni di seguito indicate, l’art. 15, paragrafo 2.

In questa ipotesi, quanto eventualmente pagato nel secondo Stato (Stati Uniti) è poi detraibile dal dovuto nel primo Stato (Italia), secondo le specifiche regole a tal fine dettate dal diritto interno e in tal senso assume rilievo e significato l’art. 165 DPR 22.12.1986 n. 917 (TUIR) che stabilisce:

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«1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione».

L’articolo 15, paragrafo 2, della Convenzione si riferisce ai casi che fanno eccezione rispetto a quelli del secondo periodo del paragrafo 1 e in cui il reddito percepito negli Stati Uniti dal soggetto residente in Italia è tassabile soltanto in Italia ove ricorra una delle tre condizioni esemplificate.

L’interpretazione fornita dal Collegio di legittimità consente di confermare il principio che i redditi ovunque prodotti sono sempre tassati nel paese nel quale si ha la residenza fiscale.

Il ricorrente – come incontestato – aveva residenza fiscale in Italia e ha presentato dichiarazione dei redditi in Italia.

Il reddito percepito negli Stati Uniti è imponibile in quel Paese in ragione dell’art. 15, paragrafo 1, secondo periodo, della Convenzione e anche in Italia in ragione della residenza fiscale, e la legge italiana stabilisce come detrarre quanto già pagato negli Stati Uniti.



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