«Stellantis? Elkann venga in Parlamento, abbiamo presentato decine di atti parlamentari, serve una politica industriale a sostegno, a fronte di impegni vincolanti sugli stabilimenti. Il governo invece ha solo tagliato i fondi per l’automotive»
Piero De Luca, capogruppo de in commissione Politiche europee della Camera dei deputati e membro della Direzione nazionale del Partito democratico: uniti si vince, ha ribadito Elly Schlein, riflettendo sui risultati in Emilia-Romagna e Umbria. Una strategia che premia il Pd ma rischia di portare ai minimi termini i 5Stelle e all’evaporazione del centro. Come la mettiamo?
Le vittorie in Emilia-Romagna e Umbria nascono dalla capacità di costruire attorno a figure di grande qualità e competenza una coalizione unitaria, larga e aperta anche a forze civiche, in grado di parlare a pezzi ampi della società. Noi condividiamo la consapevolezza, ribadita anche dalla segretaria Schlein, che il Pd non può essere autosufficiente e deve assumere su di sé l’onere di costruire con tenacia una coalizione in grado di rappresentare un’alternativa a questo governo disastroso. Per essere credibile una coalizione non può essere fatta però in laboratorio, ma va realizzata lavorando ogni giorno su programmi e contenuti, occupandoci più di idee e di progetti che di nomi, cognomi, sigle o colori di partiti. Per questo intanto vanno messi da parte veti pregiudiziali e personali. Lavoriamo insieme partendo dai temi come il salario minimo, la difesa della sanità e della scuola pubblica, dell’unità nazionale. Ci auguriamo che tutti abbiano la stessa volontà. Non si può essere progressisti a metà o a corrente alternata, altrimenti si fa un regalo alla destra. Per costruire l’alternativa sarebbe utile avviare a mio avviso un tavolo programmatico permanente con le forze di opposizione e aprire una grande fase di ascolto, mobilitazione popolare e coinvolgimento sociale nel Paese. Dobbiamo creare entusiasmo e speranza.
Nel Pd c’è un’area riformista. Spesso il termine riformista si confonde con quello di moderato. Lei e l’area Energia popolare della quale è coordinatore nazionale, vi ritenete tali?
Con un governo che sta mettendo in ginocchio famiglie, pensionati, lavoratori, imprese abbiamo il dovere di impegnarci tutti nel Pd con unità e spirito di squadra per opporci alla destra, ma anche per farci trovare preparati alle prossime elezioni, accompagnando sin d’ora alla protesta anche la proposta. Il contributo di idee e sensibilità dei riformisti è fondamentale per la nostra comunità. Il Pd è e dev’essere per sua identità una forza plurale, a vocazione maggioritaria, in grado di parlare e dare rappresentanza ad ampi spazi di società. Dobbiamo stare anzitutto accanto ai più fragili, agli operai, ai dipendenti, ai pensionati, lottando contro le diseguaglianze per una società più giusta ed equa. Ma non dobbiamo delegare all’esterno il dialogo e l’attenzione anche a quel pezzo di Paese rappresentato dai giovani delle start up innovative, dal mondo moderato e liberale, dalle imprese, dagli artigiani, dai commercianti, dai milioni di lavoratori a partita Iva, che non si riconoscono nella destra, così come al mondo cattolico. Allo stesso modo, ritengo utile iniziare a presidiare come democratici dei temi molto sentiti dai cittadini come quello della sicurezza, problematica che tocca le persone in carne ed ossa nei quartieri e non va lasciata alla propaganda della destra che la strumentalizza senza affrontarla davvero. Ecco questo compito va assolto non con moderazione – per stare alla sua domanda – ma con forza, grinta e determinazione. Aiuteremo così anche la costruzione di una coalizione progressista davvero alternativa alla destra.
Rivendicate la necessità di costruire al più presto l’alternativa. Il governo Meloni sta fallendo, rischia di cadere?
Questo governo ormai è spaccato su tutto in Italia e in Europa. Le divisioni in Parlamento e i voti opposti sulla nuova commissione Ue, con la Lega che schierata contro il commissario italiano, certificano una crisi le cui conseguenze sono pagate dai cittadini. Mentre loro litigano il Paese aspetta risposte concrete. La crescita è ferma e la destra ha realizzato un capolavoro, distruggere e mettere in ginocchio tutti i settori del made in Italy, pilastri dell’economia e della cultura del Paese. Con questa manovra ci sarà inoltre un aumento delle tasse per le famiglie, un saccheggio di risorse per trasporto pubblico, scuola, sanità, cura del territorio, un taglio degli organici della scuola e la razzia dei fondi per gli enti locali, con un inevitabile taglio dei servizi. In questo quadro, con una crisi sociale che vede milioni di lavoratori poveri e milioni di famiglie che non riescono a curarsi, il governo invece di agire pensa a trovare nuovi nemici ogni giorno come arma di distrazione di massa. Al riguardo, ritengo gravissimi gli attacchi e la delegittimazione sistematica nei confronti del sindacato e dei suoi diritti garantiti dalla Costituzione.
Cosa accadrà nei prossimi mesi con la crisi drammatica di Stellantis?
È fondamentale che Elkann venga in Parlamento a spiegare quali impegni assumerà l’azienda nel Paese. Purtroppo, al netto della crisi dell’automotive, gli errori compiuti finora dal management sono evidenti. Finora abbiamo depositato decine di atti parlamentari su automotive e Stellantis e a ottobre abbiamo presentato una mozione unitaria con le opposizioni per chiedere azioni forti al governo; è evidente che serva una politica industriale a sostegno del settore con impegni precisi e vincolanti di Stellantis dal punto di vista della tenuta degli stabilimenti e del lavoro. Occorre che le istituzioni supportino con risorse e misure adeguate a livello nazionale ed europeo lo sviluppo e anche la riconversione green del settore, difendendo l’occupazione, la produttività e la competitività di mercato. L’esecutivo non ha fatto nulla finora e ha anzi tagliato 4,6 miliardi dal fondo per l’automotive, che andrebbe invece rafforzato subito. Ieri con la segretaria siamo stati a Pomigliano d’Arco dove il disastro Stellantis sta travolgendo anche i lavoratori dell’indotto di Trasnova che hanno ricevuto proprio nelle scorse ore una lettera di licenziamento. Sono circa .400 coinvolti in tutta Italia. Non li lasceremo soli. Sull’autonomia differenziata la Consulta ha sembrato dare ragione a molte delle obiezioni su cui l’opposizione si è battuta Le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale chiariscono ancor più i profili di grave incostituzionalità della riforma e confermano le forti critiche che abbiamo mosso in questi mesi, a difesa della coesione e solidarietà nazionale. È stata messa una pietra tombale sul progetto secessionista della destra, smontato nei punti essenziali. La Consulta ha utilizzato un’espressione molto intensa, direi emblematica: la nazione ed il popolo sono unità non frammentabili. Esiste una sola nazione ed un solo popolo, quello italiano. Il governo non può più far finta di nulla: deve bloccare l’iter delle intese avviate e tornare indietro. Noi continueremo a batterci per difendere l’Italia unita, a differenza dei presunti o falsi patrioti.
Il governo ha fatto una evidente forzatura sul decreto flussi. Sintomo di debolezza?
Il centro migranti in Albania è una operazione di grave pubblicità ingannevole fatta con soldi pubblici, producendo il più grande danno erariale della storia del Paese, per un protocollo inutile, inattuabile ed inefficace che costerà quasi 1 miliardo di euro ed è peraltro fermo. Un buco nell’acqua clamoroso. Non contenti, hanno approvato nel decreto flussi delle norme pericolose, come quella legata all’emendamento c.d. Musk, che sottrae alle sezioni specializzate dei Tribunali, affidandola alle Corti d’Appello, la convalida del trattenimento dei richiedenti asilo. Tutto questo, nonostante la bocciatura del Csm e in attesa delle decisioni europee. Una decisione in linea con la profonda insofferenza verso il potere giudiziario. Non è un caso che anche Monsignor Perego, presidente della commissione Cei che si occupa di immigrazione, abbia parlato di grave passo indietro della democrazia.
Il neoministro Foti dichiara che non ci sono ritardi sul Pnrr. Riusciremo a spendere le risorse nei tempi e come giudica la nuova Commissione Von der Leyen che si è spostata a destra?
Foti è appena arrivato al Ministero e forse non si è informato bene. Un ultimo dossier pubblicato dalla Bce conferma il ritardo del Pnrr. Dei cantieri aperti, circa due terzi sono a rischio ritardo. A un anno e mezzo dalla chiusura del Piano, la percentuale dei progetti completati è del 18%. E la spesa si attesta a circa la metà delle risorse ottenute finora. Insomma, un fallimento da ogni punto di vista. Farebbe bene il ministro Foti ad essere più prudente rispetto a dichiarazioni che appaiono surreali. È finito il tempo della propaganda. Bisogna cominciare a segnare un cambio di passo. Peraltro, dopo la rimodulazione che ha cancellato miliardi di investimenti, eliminando tra l’altro 500 case ed ospedali di comunità e oltre 100mila posti in asili nido, dovrebbero essere ancora sacrificati 60mila posti letto dei nuovi studentati ed alcuni lotti di infrastrutture strategiche, tra cui l’Alta velocità sulla Salerno-Reggio Calabria. Una prospettiva disastrosa per il Paese e il Sud.
Sulla nuova commissione, invece, dico che il Pd ha fatto bene a votarla con senso di responsabilità. In questa fase storica, con la vittoria di Trump oltreoceano, sarebbe stato un errore bloccare la nascita del motore europeo o assecondare il disegno dei popolari di consegnare il futuro dell’Ue nelle mani della destra nazionalista. Certo, non condividiamo lo scivolamento verso i conservatori, che peraltro non ha pagato in termini di sostegno parlamentare. Per questo nei prossimi anni vigileremo costantemente affinché non si facciano passi indietro rispetto ad obiettivi per noi decisivi, dalla creazione di un Next Generation strutturale, dai programmi di investimento e politiche industriali comuni alla difesa europea, dalle transizioni green e digitali al rafforzamento del pilastro sociale. L’Europa è la nostra casa comune, non va indebolita come vorrebbero i sovranisti amici della Meloni, ma va rafforzata consolidando anche il suo ruolo di attore internazionale e diplomatico per la pace. È in gioco il nostro futuro.
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