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L’adozione di sanzioni pi� severe mira a dissuadere comportamenti pericolosi, ma un approccio repressivo potrebbe non essere sufficiente.
L’introduzione del nuovo Codice della Strada ha un approccio punitivo per contrastare i comportamenti pericolosi alla guida. Le nuove norme prevedono sanzioni più severe per infrazioni come l’uso del cellulare alla guida, la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, il superamento dei limiti di velocità e il mancato rispetto delle regole per i monopattini elettrici. Alcune analisi evidenziano però come l’efficacia di queste misure possa risultare limitata, rischiando di tradursi in una scarsa applicazione e adesione da parte degli utenti della strada.
Il problema risiede nella natura del modello punitivo adottato. Se è vero che sanzioni più severe hanno un potenziale deterrente, l’efficacia di queste dipende dalla percezione del rischio di essere controllati e puniti. Numerosi studi dimostrano che l’inasprimento delle pene non è sufficiente da solo a modificare i comportamenti. A rendere efficace una normativa è la probabilità percepita di subire una sanzione, un elemento che in Italia risulta spesso debole. La scarsità di controlli stradali, soprattutto in aree periferiche o in determinati orari, riduce l’effetto deterrente delle nuove disposizioni, lasciando spazio all’idea che tali norme siano eludibili. Capiamo meglio:
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Le carenze infrastrutturali limitano l’applicazione
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L’importanza di una strategia educativa e culturale
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Norme non supportate da infrastrutture adeguate
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Tecnologie e incentivi non valorizzati
Le carenze infrastrutturali limitano l’applicazione
Un altro ostacolo sono le carenze infrastrutturali e organizzative. Per garantire un’effettiva applicazione del nuovo Codice della Strada, sarebbe necessario un incremento delle risorse destinate al controllo del territorio, sia in termini di personale qualificato che di strumenti tecnologici. Il sistema in vigore soffre di una cronica mancanza di agenti dedicati ai controlli stradali e di dispositivi come autovelox, etilometri e telecamere per la sorveglianza. Questa situazione limita la possibilità di far rispettare le nuove normative, riducendo la loro portata effettiva.
L’importanza di una strategia educativa e culturale
Si segnala poi la mancanza di un’adeguata strategia educativa e culturale. Cambiare i comportamenti al volante richiede anche un processo di sensibilizzazione e formazione continua. Le campagne di educazione stradale, ormai sporadiche e spesso poco incisive, devono essere rafforzate per promuovere una cultura della sicurezza stradale. Senza un lavoro costante per accrescere la consapevolezza degli utenti, le nuove regole rischiano di essere percepite come meri obblighi imposti dall’alto, piuttosto che come strumenti utili a tutelare la propria vita e quella degli altri.
Norme non supportate da infrastrutture adeguate
A complicare il quadro c’è la scarsa integrazione tra norme e infrastrutture. Ad esempio, il nuovo Codice della Strada prevede obblighi più stringenti per i monopattini elettrici, come l’uso del casco e l’assicurazione obbligatoria. Molte città italiane non offrono percorsi adeguati o sicuri per questi mezzi, portando gli utenti a infrangere le regole per mancanza di alternative praticabili. Allo stesso tempo, l’insufficiente promozione della mobilità pubblica o della mobilità attiva (biciclette, camminata) contribuisce a mantenere alta la dipendenza dai mezzi privati, aumentando il rischio di incidenti.
Tecnologie e incentivi non valorizzati
Un altro riguarda l’adozione di tecnologie innovative. Il Codice della Strada non valorizza l’impiego di strumenti come i sistemi di assistenza alla guida o le app per la segnalazione di infrazioni. Questi dispositivi potrebbero essere un valido supporto per migliorare il comportamento degli automobilisti, ma la loro diffusione e regolamentazione rimangono ancora limitate. La mancanza di incentivi per l’adozione di queste tecnologie è un’occasione persa per favorire una sicurezza stradale più attiva e partecipata.
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