Da Torino alle Langhe, dal Pinerolese alle cascine valdese, gli chef che ripropongono daino e lepre, cinghiale e daino. Sapori antichi ma in veste nuova
C’è un ritorno della selvaggina e della cacciagione nella tavola delle feste. Piatti che evocano menù sontuosi come in un racconto dell’Ottocento, ma in chiave salutistica. Perché è una carne buona, nutriente, salutare, povera di grassi e di colesterolo, ma ricca di proteine e vitamine. Gli animali selvatici si cibano di quel che offre la natura e la loro carne è più sana, tanto da essere considerata il cibo del futuro, in alternativa a quella degli allevamenti intensivi e con impatto zero sull’ambiente.
La lepre di Gian Piero Vivalda
Sono molti dunque gli chef che propongono la cacciagione in menu. Da citare allora la lepre alla royale «alla moda di Carème» di Gian Piero Vivalda, patron dell’Antica Corona Reale di Cervere e da poco insignito del riconoscimento da Le Grandes Tables du Monde per la migliore carta dei dolci al mondo. La sua lepre arriva con puré alle arachidi e catalogna.
Giuseppe Lisciotto al Turin Palace
A tutta selvaggina tra piccione, lepre, ma anche un delizioso capunet di selvaggina e verza, come nel menù di Giuseppe Lisciotto a Le Petites Madeleines, ristorante dello storico hotel Turin Palace, a fianco di Torino Porta nuova (cn favolosa terrazza per gli aperitivi e rari pranzi-evento).
Il capriolo secondo Scabin a Torino
Davide Scabin ha appena creato una ricetta di capriolo in salmì per il bistrot Carlo e Camillo, dependance light del suo Ristorante CArignano presso l’Hotel Sitea.
Menù tutto caccia da Ingallinera a Vernante
E ci sono ristoranti che dedicano interi menù a quelle carni saporite, ideali soprattutto in questa stagione. Al Nazionale di Vernante lo chef Fabio Ingallinera ha un menù chassa (caccia in occitano) che ripropone da gennaio, con la lepre in salmì rivisitata con il rafano, cruda di camoscio oltre a fagiano royale, risotto alla lepre, cervo inversioni innovative. E adesso c’ è la cruda di cervo con mirtilli e trevigiana come antipasto.
Capriolo in enoteca a Canale
Davide Palluda, chef stellato all’Enoteca di Canale, riprenderà a breve il menù di cacciagione con piatti nuovi come l’albese di capriolo, ricci di mare e broccolo fiolaro e la pasta piegata di fagiano, tartufo nero e latte acido, ma già ora ha in carta il suo Daino, uva, whisky torbato e cacao fermentato, piatto di gran successo e la torta di pernice con i fegatini, cavolo e cognac
Il cervo stile Walser di Riale
In Val Formazza a Riale alla Locanda Walser Schtuba lo chef Matteo Sormani propone piatti come cervo, aglio orsino e limone, cinghiale con asparagi e sedano rapa e l’anatra con purè di zucca e rapanelli.
Casciagione alla francese a San Luigi delle Langhe
Una bella scelta di secondi che sembrano usciti dal menù di un pranzo di Flaubert alle Piemontesine, il ristorante che due giovani francesi, Jerome Migotto, chef, e la sua compagna Charlotte in sala, hanno aperto a San Luigi, borgo sperduto nelle Langhe: suprême di anatra all’arancia, lepre alla royale, piccione alla Rossini, filetto di cervo in salsa poivrade, filetto di daino e carciofi, pernice rossa e funghi, oltre a foie gras d’anatra e terrine di lepre fra gli antipasti
Spaghetti al cervo in cascina a Grondona
Votata a selvaggina e cacciagione e attenta alla sostenibilità e all’equilibrio faunistico, la Locanda del Daino a Grondona, in un’ottocentesca casa di caccia nel cuore dell’azienda faunistico-venatoria Cascina Emanuele, 2.200 ettari nella provincia di Alessandria, tra la Valle Spinti e la Val Borbera. Nel menù dello chef Giacomo dell’Aglio ci sono tortelli con ripieno di brasato di daino, spaghetti al ragù di cervo, tagli di carne da scegliere e cuocere sulla pietra, il Daino in Pasta, rivisitazione del filetto alla Wellington e il Cosciotto del Dottore, daino al forno con sugo selvatico.
Il carpaccio valdese del Pinerolese
Alla Foresteria di Massello, nelle valli valdesi del Pinerolese si gusta carpaccio di cervo come antipasto, e tra i secondi filetto di daino impanato in pangrattato di grissini (quasi una grissinopoli selvatica) e cosciotto di cinghiale a bassa temperatura. La Foresteria è entrata nella guida Osterie d’Italia di Slow Food, segno che il revival di selvaggina e cacciagione sta diventando anche pop.
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