Italia, un Paese in ritardo

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L’Italia fatica. Gli italiani faticano. E chiedono un cambio di passo, nella direzione delle tutele universali, dell’equità salariale, di un welfare che protegga e curi tutte e tutti. Non è e non può essere rassicurante la fotografia del nostro Paese scattata dal 58mo Rapporto annuale del Censis, appuntamento ormai tradizionale in cui fare il punto sulla società e l’economia italiana.

Welfare pubblico: una copertura essenziale ma sempre più insufficiente

Allarme rosso soprattutto per il sistema di welfare pubblico italiano, percepito come sempre meno efficace. Secondo il Censis, il 50,4% degli italiani ritiene che il welfare pubblico si limiti ormai alle prestazioni essenziali, mentre il 49,4% pensa che sia necessario ricorrere a strumenti di autotutela, come polizze assicurative private e fondi integrativi, per coprire i rischi sociali.

Questa trasformazione del welfare è vista come un cambiamento epocale rispetto alle generazioni precedenti, quando il sistema pubblico rappresentava un solido pilastro di sicurezza sociale. Oggi, per molte famiglie, il welfare pubblico si sta trasformando in un costo aggiuntivo. Il 65,9% degli italiani considera le spese legate a sanità, previdenza e assistenza un peso significativo sui bilanci familiari.

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Rischio di povertà: un quadro allarmante

Il Censis evidenzia che il 18,9% della popolazione italiana è a rischio di povertà anche dopo aver usufruito di trasferimenti sociali. Questo dato mette in luce l’insufficienza delle misure di sostegno pubblico per garantire una vita dignitosa ai cittadini più vulnerabili.

La situazione è particolarmente critica per le famiglie monoreddito, i disoccupati e gli anziani, categorie che spesso devono affrontare difficoltà economiche crescenti. L’accesso alle cure sanitarie, ad esempio, è sempre più limitato per chi non può permettersi assicurazioni private o cure a pagamento.

La crescente sfiducia nel sistema di welfare pubblico porta molti italiani a risparmiare non per investire, ma per proteggersi dai rischi sociali. Il 61,9% della popolazione considera prioritario accumulare risparmi per la vecchiaia, l’assistenza sanitaria e altre emergenze, a scapito di altre forme di investimento.

Un sistema da riformare

Gli italiani chiedono un cambiamento. La percezione dominante è che il welfare debba essere riformato per garantire maggiore equità e inclusività. Secondo il rapporto, molte famiglie avvertono un senso di abbandono da parte dello Stato, costrette a fare affidamento su risorse personali o su aiuti privati per fronteggiare emergenze o bisogni di base.

In questo contesto, le disparità regionali aggravano ulteriormente la situazione. Mentre alcune regioni del Nord Italia offrono servizi più efficienti e accessibili, il Sud soffre di carenze croniche, con infrastrutture sanitarie e sociali spesso insufficienti per soddisfare le esigenze della popolazione.

Gender gap: il problema peggiora

L’istituto di studi socio-economici dipinge un quadro preoccupante anche sul fronte delle disparità di genere e delle differenze salariali. Secondo il Global gender gap index del World economic forum, l’Italia ha perso otto posizioni nel 2024, scendendo all’87° posto. Questa retrocessione sottolinea le disuguaglianze persistenti, specialmente nel mondo del lavoro.

I dati Inps relativi al 2022 mostrano che le donne nel settore privato guadagnano mediamente il 30,2% in meno rispetto agli uomini. Il divario è più accentuato tra gli operai, dove il gap raggiunge il 40,5%, mentre si riduce al 23,2% tra i dirigenti. Anche tra gli apprendisti, il divario del 14,8% evidenzia disuguaglianze che si manifestano fin dai primi passi nel mondo del lavoro.

Il Censis cita anche un’analisi sull’avvocatura italiana che rivela un divario ancora più drammatico: gli uomini guadagnano in media più del doppio rispetto alle colleghe donne, con una differenza annua di oltre 30 mila euro. Questo dimostra che, nonostante i progressi in molti ambiti, il gender pay gap rimane un ostacolo significativo per la parità.

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Ma le disparità non si fermano ai salari. Il rapporto Censis sottolinea che l’accesso alle opportunità lavorative per le donne resta limitato in molti settori, con carriere che spesso si interrompono o rallentano a causa di ostacoli strutturali, come la carenza di politiche di conciliazione tra vita lavorativa e familiare.

Economia e occupazione: segnali contrastanti

Nonostante l’aumento dell’occupazione (ma sempre più povera e precaria, quindi di scarsa qualità), con 23,8 milioni di lavoratori nei primi sei mesi del 2024, l’Italia resta indietro rispetto agli standard europei. Se il tasso di occupazione fosse in linea con la media europea, il Paese avrebbe a disposizione tre milioni di lavoratori in più, superando i 26 milioni di occupati.

L’apparente paradosso tra aumento dell’occupazione e stagnazione del Pil si riflette anche nel settore manifatturiero, che ha registrato un calo della produzione del 3,4% nei primi otto mesi del 2024 rispetto all’anno precedente. Questo dato si inserisce in un trend negativo iniziato nel 2019, con una riduzione complessiva dell’1,2% nella produttività del settore.

Solo il turismo sembra rappresentare un’eccezione positiva. Nel 2023, l’Italia ha accolto 447 milioni di presenze turistiche, con un aumento del 18,7% rispetto al 2013. Il turismo domestico è cresciuto del 10,9%, mentre la componente estera ha registrato un incremento del 26,7%. Roma, in particolare, ha superato i 37 milioni di presenze turistiche nel 2023, confermandosi una delle mete più ambite a livello internazionale.

Tuttavia, il settore terziario non riesce a tradurre questo successo in produttività economica: tra il 2003 e il 2023 il valore aggiunto per occupato è diminuito dell’1,2%, evidenziando inefficienze strutturali.

Le sfide dell’Italia

Il rapporto Censis del 2024 dipinge un quadro complesso, che sfida e metta alla prova l’Italia. Le disuguaglianze di genere, le insufficienze del welfare pubblico e le contraddizioni economiche sono sintomi di un sistema che necessita di riforme profonde. Le persone che vivono del proprio lavoro e della propria pensione non sono tutelate ai livelli che un Paese e un’economia avanzata dovrebbe garantire. E questo si traduce in ingiustizia sociale, paura, sfiducia, rabbia. Il rapporto lo spiega nitidamente.

La fotografia è a fuoco. Ma bisogna guardarla.

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