La giustizia italiana sotto esame: l’importanza del ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
La decisione n. 30290/15 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) rappresenta un caso emblematico per comprendere il ruolo cruciale di questo organo sovranazionale nel garantire i diritti fondamentali. Il ricorso, che coinvolge L.M. contro l’Italia e altri sei casi analoghi, pone in luce le problematiche legate al sistema giudiziario italiano, tra cui ritardi, inadeguatezza delle riparazioni e difficoltà di accesso a una giustizia equa. In particolare, si evidenzia l’importanza del ricorso alla CEDU come strumento essenziale per correggere le falle del sistema interno.
Contesto del caso
I ricorrenti, tra cui individui infettati da virus come HIV, epatite B o C a seguito di trasfusioni di sangue infetto o interventi chirurgici, hanno subito danni significativi. In molti casi, le azioni legali intentate in Italia hanno incontrato ostacoli insormontabili: dall’introduzione di nuovi criteri restrittivi per il risarcimento, fino alla durata eccessiva dei procedimenti giudiziari.
Un punto centrale della controversia è l’introduzione dell’articolo 27-bis del decreto-legge n. 90/2014, che prevede un risarcimento standardizzato per le vittime di trasfusioni infette, ma richiede loro di rinunciare a ulteriori azioni legali, anche a livello sovranazionale. Questo meccanismo, pur garantendo un’equa soddisfazione monetaria, solleva questioni importanti in termini di diritti processuali.
I precedenti giudiziari italiani
La decisione della CEDU si inserisce in un contesto di criticità sistemiche del sistema giudiziario italiano, già più volte censurato per la durata irragionevole dei procedimenti (articolo 6 § 1 della Convenzione Europea). Ad esempio:
- Caso “D.A. e altri c. Italia” (2016): la Corte aveva evidenziato l’incapacità dell’Italia di offrire rimedi adeguati per la lentezza delle procedure di risarcimento.
- Sentenze sui risarcimenti tardivi: più volte è emerso che i meccanismi interni non garantiscono né la piena soddisfazione delle vittime né la prevenzione di future violazioni.
Questi precedenti evidenziano come l’Italia fatichi a bilanciare le esigenze delle vittime con le limitazioni economiche e amministrative del sistema. Il risultato è spesso una giustizia tardiva o incompleta, spingendo molti cittadini a rivolgersi alla CEDU.
Il ruolo della CEDU come garante dei diritti
Il ricorso alla Corte Europea rappresenta uno strumento fondamentale per le vittime che, non trovando giustizia a livello nazionale, cercano tutela a livello internazionale. La CEDU non solo valuta se uno Stato abbia violato la Convenzione Europea, ma fornisce anche un segnale chiaro sulla necessità di riforme sistemiche.
Nel caso in questione, la Corte ha deliberato che, avendo i ricorrenti accettato il risarcimento previsto dall’articolo 27-bis, i ricorsi non possono essere mantenuti. Tuttavia, la decisione lascia aperte alcune riflessioni:
- La rinuncia a ulteriori azioni: il meccanismo previsto dal decreto-legge n. 90/2014 obbliga le vittime a rinunciare non solo alle azioni interne, ma anche a quelle sovranazionali. Questo può configurare una violazione del diritto di accesso a un tribunale (articolo 6 § 1) e del diritto a un ricorso effettivo (articolo 13).
- L’importanza della supervisione europea: la CEDU svolge un ruolo cruciale nel garantire che le misure di compensazione nazionale rispettino i principi di proporzionalità e giustizia, soprattutto in contesti di vulnerabilità estrema come quello delle vittime di trasfusioni infette.
Conclusioni: il ricorso CEDU come strumento di giustizia
Questo caso evidenzia la necessità di interventi strutturali nel sistema italiano. L’eccessiva durata dei procedimenti e l’insufficienza dei rimedi interni continuano a spingere i cittadini verso la CEDU, un organo che ha dimostrato di essere un punto di riferimento per chi cerca giustizia oltre i confini nazionali.
Il ricorso alla CEDU non è solo un’opportunità per ottenere riparazione individuale, ma anche un modo per stimolare il cambiamento interno. Tuttavia, la possibilità di accedere a tale ricorso non dovrebbe essere subordinata all’accettazione di condizioni limitanti, come previsto dal decreto-legge n. 90/2014.
In definitiva, la decisione n. 30290/15 della CEDU ci ricorda quanto sia importante preservare il diritto fondamentale a una giustizia equa e accessibile. Per l’Italia, è un ulteriore invito a migliorare le proprie pratiche e a garantire che nessun cittadino debba rinunciare ai propri diritti per ottenere ciò che gli spetta di diritto.
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