Commercialisti: «Va cambiato il rapporto col Fisco»

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“Da parte del Governo non c’è nessuna intenzione di vessare, minacciare o intimorire nessuno. L’obiettivo della riforma fiscale va nella direzione di adottare comportamenti trasparenti dell’Amministrazione finanziaria nell’ambito di un rapporto collaborativo con i contribuenti. In tal senso va l’informazione preventiva, volta a evitare accertamenti”. Così il Viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha giustificato il recente invio delle lettere di compliance da parte dell’Agenzia delle Entrate, che nei giorni scorsi non hanno mancato di suscitare polemiche tra i commercialisti. Sempre ieri, l’Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti sulla questione con una FAQ (si veda “Sulle lettere di compliance interviene l’Agenzia” di oggi).

L’argomento è stato affrontato anche nel corso della 20esima edizione di “Obiettivo Futuro”, convegno organizzato dall’ANC, che si è tenuto ieri a Pisa. “Di certo, non erano lettere con gli auguri di Natale”, ha commentato Marco Cuchel, Presidente dell’Associazione, secondo cui è necessario “cambiare davvero il rapporto con l’Amministrazione finanziaria, che ancora oggi, nonostante le promesse legate al cosiddetto Fisco amico, è ancora troppo squilibrato”.

Su tanti territori permangono i problemi legati alla difficoltà di instaurare un dialogo con gli Uffici del Fisco. In questo senso, ha sottolineato la Presidente dell’ODCEC di Milano, Marcella Caradonna, gli Ordini locali possono dare un contributo. L’Ordine lombardo, ad esempio, ha creato “una mail ad hoc a cui i colleghi possono scrivere illustrando il loro caso. Un gruppo di lavoro lo analizza e si fa parte diligente presso l’Agenzia. In questo modo abbiamo fornito un aiuto concreto già a 250 colleghi”. A livello centrale, invece, “l’interlocuzione va fatta preventivamente, non dopo che si sono presentati i problemi. Bisogna cambiare il tipo di dialogo”.

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Il tema del dialogo è tornato spesso nel corso dei lavori, con riferimento non solo al rapporto con il Fisco, ma anche ai rapporti interni alla categoria e alla riforma della legge ordinamentale. Sia Cuchel che Caradonna hanno sottolineato di non aver condiviso il metodo con cui si è arrivati alla riforma, a causa di una consultazione con Ordini e sindacati che hanno definito troppo breve.

Considerazioni fatte proprie anche da Claudio Siciliotti, primo Presidente della categoria che uscì unita dalla riforma del 2005: “Un dibattito troppo breve è una scelta sbagliata – ha sottolineato –. C’è una differenza tra rapidità e fretta, una riforma così importante come quella della nostra Costituzione non si può fare con la fretta”. L’ex Presidente nazionale ha aggiunto che i commercialisti “devono parlare dei temi economici del Paese”, anche per poter difendere meglio le proprie prerogative e recuperare autorevolezza nei confronti della clientela.

Quell’autorevolezza che, secondo il Presidente dell’ODCEC di Livorno, Alessandro Bagnoli, negli anni si è via via un po’ persa: “A me sembra – ha rimarcato – che ci sia un decadimento della nostra figura, che anni fa era considerata importante dai clienti. Oggi il rapporto è cambiato e siamo percepiti solo come un costo. Forse perché il cliente non sa di tutte le complicazioni con cui siamo costretti a fare i conti ogni giorno”.

Per invertire questa tendenza, è necessario intercettare meglio i bisogni della clientela e questo lo si può fare, ha aggiunto Giovanni Battista Calì, Presidente dell’Ordine di Roma, attraverso una diversa organizzazione dello studio. “Le aggregazioni sono fondamentali, così come le specializzazioni, per affrontare il cambiamento e aprirsi a quelle nuove competenze su cui si gioca la partita del futuro. Perché è chiaro che tutti i 120 mila commercialisti non potranno più vivere di solo pane e Fisco. Quindi, è necessario un diverso modello organizzativo, magari differenziato a seconda della realtà in cui si opera”.

D’accordo sull’importanza delle aggregazioni anche Stefano Sartini, Presidente dell’ODCEC di Pisa, e Marco Natali, neo Presidente di Confprofessioni. Sartini ne ha parlato nell’ottica di sfruttare appieno le potenzialità della tecnologia e soprattutto dell’intelligenza artificiale (“servono investimenti importanti – ha detto –, che molto spesso un piccolo studio individuale non può permettersi”).

Natali ne ha invece fatto proprio una questione di “sopravvivenza”. In questo senso, sembra che qualcosa a livello di professioni ordinistiche si stia già muovendo. “Negli ultimi anni – ha spiegato – abbiamo notato che i datori di lavoro stanno diminuendo mentre i dipendenti aumentano”. Una tendenza che non potrà che subire un’ulteriore spinta dalla norma che introduce la neutralità fiscale per le operazioni di conferimento, contenuta nel DLgs. di riforma di IRPEF e IRES appena approvato in via definitiva dal Governo.

A livello politico, invece, “le professioni devono trovare il modo di fare sinergia, smettendola di viaggiare sempre divise” come è stato fino ad oggi. “Purtroppo – ha concluso Calì – sembra esserci una contrapposizione tra due diverse culture: quella della scontro e quella dell’inclusione e, al momento, sembra essere la prima quella che prevale”. Si parlava di assenza di dialogo e condivisione ma, più che alle altre professioni, si riferiva ai commercialisti.



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