La premier Meloni trattiene per sé la delega al Mezzogiorno ma Manfredi, sindaco e commissario per le bonifiche di Bagnoli, dialoga bene anche con lei
L’abolizione del ministro del Mezzogiorno sancisce l’«uscita» di Napoli e del Sud dal governo? In termini di rappresentanza, al tavolo di Palazzo Chigi, è evidente. In appena tre mesi, per motivi diversi il governo Meloni ha visto l’addio all’esecutivo di Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura; e Raffaele Fitto, ministro della Coesione e Pnrr, che gestiva anche la delega al Sud. Rimpiazzati con Alessandro Giuli, che è di Roma; e dal piacentino Tommaso Foti. È dunque del tutto evidente che tanto Napoli, quanto l’intero Sud «escono» da Palazzo Chigi.
Si dirà: ma c’è Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno nato a Napoli. Vero. Così come c’è Nello Musumeci, catanese, che però nel governo ha una delega molto tecnica, quella alla Protezione civile. L’addio di Fitto ha dunque determinato la centralizzazione della delega al Mezzogiorno che la premier ha tenuto per la presidenza del Consiglio. Si dirà: ma forse è meglio così, atteso che il ministero del Sud è senza portafoglio. Forse sì. Politicamente, però, il Sud «vale» molto.
Da palazzo Chigi, la lettura che si dà alla scelta del premier resta quella contenuta nella nota ufficiale diramata l’altro ieri al termine del consiglio dei ministri. «Meloni — si legge — ha mantenuto in capo a sé il coordinamento delle politiche per il Sud e ha avviato, da subito, una ricognizione all’interno del Governo in merito a quanto già realizzato per rafforzare lo sviluppo del Mezzogiorno, ai programmi in atto e alle proposte ancora da implementare, in particolare su incentivi, infrastrutture e investimenti». E ancora: «Come lo stesso presidente ha ricordato recentemente, nel 2023 il Sud è stato la locomotiva d’Italia, con Pil e occupazione in crescita sopra la media nazionale. È intenzione del presidente del Consiglio procedere su questo percorso con ancora maggiore determinazione».
Deputati di lungo corso del centrodestra spiegano che «non c’erano altri meridionali a cui la premier volesse assegnare questa delega senza scatenare appetiti della coalizione per un rimpasto di governo». Anche se, vista da un’altra angolazione, la delega, se affidata alla premier, ha comunque un peso rilevante, proprio perché è il capo del Governo; e dunque, molto più che se l’avesse gestita il neo-ministro Foti. Il quale, andando via il meridionalissimo Fitto, che ha già lasciato gran parte del lavoro avviato, avrebbe potuto incidere poco sul “ministero” del Mezzogiorno. Cosa diversa, secondo le voci della presidenza del Consiglio dei ministri, se il coordinamento per le politiche del Sud spetterà direttamente alla premier. La quale, su un paio di questioni-chiave, come Caivano e Bagnoli, ha voluto intervenire in prima persona.
Quel che è certo, è che sia Fitto che Sangiuliano sono stati ad esempio, per il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi due importantissimi interlocutori del governo, per la città; e per il governo della città. Il primo, salentino di Maglie, soprattutto sul versante di Bagnoli, dove ha ingaggiato una dura battaglia legale a suon di carte bollate con Vincenzo De Luca, ma alla fine ha assegnato 1,2 miliardi per bonifica e trasformazione dell’area con i quali si coprono tutti gli interventi a terra e a mare. Il secondo, Sangiuliano, napoletano di via Foria, che ha sostenuto innumerevoli interventi sui Beni culturali. Primo tra tutti: il restauro e la nuova destinazione dell’Albergo dei Poveri, elevando i finanziamenti per i lavori da 133 milioni di fondi Pnrr — sui quali, un altro ex ministro del Mezzogiorno, Mara Carfagna, aveva lavorato a lungo — a quasi 235, con i cantieri che ora sono in funzione da mesi.
Cose, dunque, di notevole portata per la città e il Mezzogiorno, che ora ha meno rappresentanti a palazzo Chigi. Cosa, questa, che a Roma arriva forte dai rappresentanti politici di FdI, che a loro volta, ovviamente hanno perso riferimenti politici importanti.
Del resto, per avere un’idea dell’impatto su Napoli e sull’azione di Fitto e Sangiuliano dell’azione di governo in tal senso, basta riprendere il verbale del Cipess del primo agosto scorso in cui veniva resocontato che «su proposta del ministro Fitto» venivano «deliberate risorse di fondi Fsc 2021-2027 per la Regione Campania» su richiesta del Mic guidato da Sangiuliano di tutti gli interventi proposti dal ministro Sangiuliano per complessivi 212 milioni». Soldi utili, tra gli altri, oltre che per raddoppiare il finanziamento per Palazzo Fuga, per i lavori al Monte di Pietà, alla Crypta Neonapolitana, alla Reggia di Carditello, alla Certosa di Padula, al Teatro Romano di Teano, al Museo Egizio di Benevento, al Museo di Anacapri, alla chiesa di Donnaregina, alla Palazzina dei Principi di Capodimonte. E a Pompei. Interventi che uniti al finanziamento della più grande bonifica ambientale in corso in Italia, cioè Bagnoli, lasciano intendere — limitandoci a parlare di Napoli e Campania — quanto sia stato importante avere un ministero del Mezzogiorno; e per il Mezzogiorno, avere ministri del Sud.
Tornando a Manfredi, il presidente dell’Anci, come sindaco di Napoli, attende di conoscere chi sarà il suo interlocutore: chi ha la delega al Sud, presiede infatti anche la cabina di regia di Bagnoli, di cui Manfredi è commissario di governo. E se sarà direttamente, la premier, al sindaco farà soltanto piacere avere come interlocutore il capo del governo.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link