Era un sistema collaudato fatto di corruzione, pressioni e intimidazioni. Tutto per ottenere dei favori nell’ambito dell’edilizia in Trentino Alto Adige, dove da anni affondavano i tentacoli di quella che la Distrettuale antimafia della Procura di Trento riteneva una vera e propria associazione per delinquere. Se c’era bisogno di un’autorizzazione, si facevano pressioni sul funzionario pubblico giusto. Se serviva un’informazione riservata, c’era sempre la persona in grado di mettere le mani nei computer della pubblica amministrazione. Se c’era da modificare un parere, si alzava il telefono e, con la giusta ricompensa, si otteneva tutto. Tanto che il gip Enrico Borrelli parla di “informazioni privilegiate” date con anticipo “rispetto a potenziali concorrenti e talvolta ottenute e in via esclusiva; l’intervento sui procedimenti amministrativi (da compiere o da aggirare). Tutto in aperto spregio della disciplina urbanistica”. Così si legge nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato agli arresti domiciliari di nove persone fra imprenditori, professionisti e politici: il magnate e titolare dell’azienda “Signa” Renè Benko (l’imprenditore è stato raggiunto da un mandato d’arresto europeo in Austria ed è stato sentito dalle autorità locali che lo hanno rilasciato, pertanto è libero); il commercialista Heinz Peter Hager e Paolo Signoretti, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Supernova, la società immobiliare specializzata nella rigenerazione urbana di cui sono soci fondatori. E ancora gli architetti Fabio Rossa e Andrea Saccani; il giornalista Lorenzo Barzon; la dirigente del Comune di Bolzano Daniela Eisenstecken; la sindaca di Riva del Garda Cristina Santi e Vittorio Fravezzi, ex sindaco del Comune di Dro e senatore della Repubblica. Più una raffica di indagati, fra cui un carabiniere accusato di traffico di influenze illecite, per aver fatto pressioni sui colleghi di una caserma per evitare una denuncia a Signoretti.
L’organizzazione del gruppo
Stando ai risultati dell’indagine dei carabinieri del Ros e dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Trento, il dominus dell’organizzazione era proprio Renè Benko, che dava indicazioni al suo braccio destro: Hager Heinz Peter, socio della “Immobiliare Bolzano Srl”, al quale veniva indicato cosa ottenere e come arrivare alle autorizzazioni sulle speculazioni da realizzare. A curare i rapporti con i vertici del mondo istituzionale e finanziario della regione sarebbe stato Paolo Signoretti. Fondamentali anche le figure dei due architetti, senza i quali non ci sarebbe stato nessuno capace di mettere mano a concessioni e autorizzazioni.
Ex Cattoi, sponsor per il basket e il sindaco che disse “no”: Riva è l’epicentro del terremoto giudiziario
Nell’amministrazione pubblica il gruppo avrebbe potuto contare su Eisenstecken, quale direttrice dell’ufficio “Gestione del territorio” del comune di Bolzano. Infatti grazie al suo incarico dirigenziale poteva rilasciare autorizzazioni senza rispettare le formali procedure deliberatorie. E poi Fravezzi, cruciale per controllare le procedure di approvazione degli accordi urbanistici, volti alla riqualificazione dell’ex area Cattoi e dell’ex hotel Arco a Riva del Garda. Non a caso è finita ai domiciliari anche la sindaca Santi che, per assecondare Signoretti e di altre figure, avrebbe “piegato l’interesse pubblico a quello privatistico”.
Il metodo mafioso
Sono tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di diversi reati contro la pubblica amministrazione, falsità ideologica, turbata libertà degli incanti, traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti. Nell’atto d’accusa vengono contestati anche l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. E soprattutto l’aggravante del metodo mafioso visto che il gruppo esitava a organizzare ritorsioni verso chi era troppo onesto per piegarsi ai pieni correttivi. Partivano così querele, campagne mediatiche, dossieraggi e intimidazioni.
Hackeraggi e favori
Nell’inchiesta gli inquirenti fanno riferimento a un metodo temerario che, in un episodio, avrebbe portato uno degli indagati a entrare in un computer dell’ufficio “Gestione del territorio” del comune di Bolzano. L’obiettivo? Tentare di modificare un atto pubblico del progetto denominato “Waltherpark”, un centro multifunzionale nel cuore del centro storico di Bolzano, con dentro un centro commerciale, un Hotel 4 stelle, bar e ristoranti, ampi uffici e appartamenti prestigiosi. Per andare avanti con i lavori nel dicembre 2018 bisognava modificare il documento di un geometra, che mai si sarebbe poi accorto di quella violazione.
Il carabiniere infedele che ha evitato una denuncia a Paolo Signoretti
Il gruppo aveva una rete di contatti vastissima, capace di arrivare dai più grandi comuni della regione fino alle più piccole publiche amministrazioni. In più capi di accusa infatti risulta come i vertici del gruppo potessero contare sull’appoggio di politici locali ma anche direttori di ufficio con il potere di rivelare informazioni top secret. Un esempio? Quanto sarebbe accaduto nell’aprile 2020, quando un dipendente infedele aveva mandato una foto a Saccani per dimostrare come il piccolo comune altoatesino non avesse ancora sbloccato il nulla osta a costruire in provincia. Un fatto dopo il quale sarebbe intervenuto direttamente Hager con una telefonata al vicesindaco. E la pratica si è poi sbloccata.
Il “Gries Village” e gli scambi di favori
Il peso dell’influenza della presunta organizzazione era direttamente proporzionale alla potenza economica. I più vicini al magnate austriaco avrebbero anche garantito a politici locali prezzi di favore per comprare appartamenti del complesso denominato “Gries Village”. In cambio, avrebbero dovuto far scomparire documenti che ostacolavano i lavori del villaggio urbano. Lo stesso complesso residenziale che, in diverse occasioni, aveva avuto bisogno di un aiuto. Il gruppo aveva potuto contare su un dipendente comunale con il potere di fare pressioni sui suoi dipendenti per velocizzare le pratiche. Lo stesso funzionario che, come contropartita, avrebbe ricevuto la promessa di essere assunto in una delle società di riferimento di Benck dopo il suo pensionamento.
In quel complesso residenziale poi, gli investigatori sono convinti che ci siano anche stati degli abusivismi edilizi. I costruttori avrebbero coperto i pergolati di tre attici con strutture in vetro in assenza del permesso di costruire per poi far rientrare i pergolati già costruiti in quelli che le leggi definiscono “interventi liberi”, esenti dal vaglio della commissione edilizia. Tutto sempre grazie alla mano invisibile di chi agiva nell’ombra per conto dell’organizzazione.
“Devo lavorarmi lei adesso”
Certo non tutti erano così accondiscendenti. In alcuni casi, i corruttori avrebbero anche dovuto faticare per ottenere qualcosa da chi, di fatto, non era colluso. Nelle intercettazioni, gli inquirenti ascoltano uno degli indagati chiedere una concessione edilizia per un suo terreno, su cui costruire un edificio. Un atto che non arriva ed è qui che entra in gioco uno dei vari dipendenti comunali che, al telefono con un componente del clan, dice: “Bisogna lavorare su di lei adesso perché questo è l’unico punto su cui non è flessibile”. Quella frase si riferisce al 2020, quando, in Alto Adige, si stava cercando di edificare sul così detto “Maso Marmont”.
Insomma, di tanti progetti edilizi (Waltherpark, Gries Village, area ex Cattori, Hotel Palace, ex hotel Arco) i militari di Arma e Fiamme gialle hanno documentato ristrutturazioni, edificazioni ex novo, riqualificazioni effettuati senza avere i documenti in regola o senza averne alcuno. Concessioni edilizie presentate come asseverazioni; mancato rispetto di distanze; costruzione di pergolati senza autorizzazione; comunicazione di un consenso degli occupanti di un immobile in realtà mai dato. Persino la presentazione delle pratiche sarebbe sempre avvenuta in modo anomalo, senza passaggio dai canali istituzionali. E ogni volta che il sopralluogo, magari per il rilascio del certificato di agibilità, era compiuto da funzionari onesti ed estranei ai disegni della compagine criminale, gli indagati forzavano il sistema ottenendo sempre ciò che volevano, aggirando o biasimando i funzionari. Un quadro pesantissimo nel quale, certifica sempre il giudice, “il bene pubblico diviene oggetto costante e spregiudicato di compravendita”.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link