Il fondatore di Vogliocasa virale sui social: «Ho 15 completi, la Porsche e vado in palestra 5 volte a settimana, i giovani vogliono somigliare a me. La protesta dei fuorisede in tenda è ridicola, nessuno li obbliga a venire a Milano. Difetti? Non ne ho. E ora sbarco in tv»
«Settecentocinquanta euro al mese, 14 metri quadri, zona Politecnico. Affittato in soli 13 minuti. Taaac!»
Taaac. A sentir lui in effetti l’offerta era irrinunciabile. Riportiamo testuale: «Luminoso, confortevole e spaziosissimo (sic!)». Come da rievocazione cinematografica de Il ragazzo di campagna di Renato Pozzetto gli angoli erano sei, e non trattavasi di esagono ma di monolocale. «Angolo cucina, guardaroba, intimo, doccia, ricreazione e letto».
L’Artemio 2.0 si recluta via Instagram: a firmare l’annuncio Gian Maria Tirrico, anni 42, fondatore di Vogliocasa, agente immobiliare e a tempo perso soldato semplice con ambizioni da generale nell’esercito degli aspiranti influencer milanesi. Sorriso da teleimbonitore e doppiopetto slim fit, Tirrico – ideale connubio tra il Milanese imbruttito, Enzo Miccio e Fabrizio Corona – snocciola in favore dei suoi 9 mila follower massime motivazionali e pezzatura immobiliare, simile a quella del seminterrato del conte Mascetti in «Amici miei» ma a spanne inferiore rispetto al «convenientissimo castello in Transilvania» che Fracchia tentò di propinare al ragionier Filini previo prudenziale sfratto del conte Dracula. «E però l’ho piazzato subito».
Dunque ha trovato il suo Artemio?
«In meno di un quarto d’ora mi hanno contattato su Instagram per chiedermi di bloccare l’immobile».
Tra i commenti qualcuno le ha fatto notare che se si ingrassa non ci si entra più.
«Un motivo in più per mangiare sano».
La metratura minima per un monolocale è di 20 metri quadri.
«Solo per gli immobili di nuova costruzione».
Secondo alcuni suoi colleghi agenti non è etico proporre soluzioni abitative del genere.
«Opinioni. Il mercato immobiliare è questo. La protesta dei fuorisede in tenda davanti all’università è ridicola. Nessuno li obbliga a venire a Milano. Io tutelo gli investimenti dei locatori e permetto al contempo a tutti di trovare soluzioni abbordabili. Più etico di così».
Il caro-casa però riguarda anche i residenti.
«Se vuoi svegliarti tardi al mattino per andare a lavorare e vivere in città qui devi pagare. Se non puoi permettertelo, fai il pendolare o ti adatti a spazi ristretti. C’è chi dice con gli stessi soldi si comprerebbe una villa in Basilicata. E allora andasse in Basilicata, che dire».
Qualcuno la taccia di una certa arroganza.
«Non me ne curo. Sono fatto così, prendere o lasciare, fa parte del gioco».
Quindi sui social non recita.
«Sono me stesso al cento per cento».
Ma lei dove abita?
«In un attico a Città Studi, 110 metri quadri con terrazzo. Ma non è sempre stato così, anch’io ho fatto sacrifici prima di raggiungere il benessere. Ho vissuto in una ex cascina a San Giuliano, sono stato in affitto in un appartamento in via Padova dove non funzionava neanche lo scaldabagno. Il padrone di casa mi disse: Tanto la tua fidanzata è russa, al freddo è abituata”.
Quando ha iniziato?
«A 18 anni. Lo studio non faceva per me, da ragazzo aiutavo mio padre e mio fratello nel negozio di parrucchiere di famiglia ma non ero a mio agio. Mi imbattei in un annuncio di lavoro per un’agenzia immobiliare, stavo cercando di racimolare qualche soldo per andare in vacanza in Croazia con la mia ragazza di allora».
Successo immediato?
«All’inizio fu complicato, la cultura era quella che era, faticavo a destreggiarmi tra regolamenti, progetti e codici. Il secondo giorno mi affidarono un appuntamento per la vendita di una mansarda a Paderno Dugnano ma mi avevano dato solo le chiavi della porta d’ingresso e non del portone. Per entrare dovetti citofonare ai condomini. Gli acquirenti erano atterriti».
Riuscì a vendere?
«Il mese successivo, provvigione di 1.500 euro. I miei primi soldi. Lasciai perdere la Croazia, mollai la fidanzata e me ne andai da solo a Santo Domingo. Ne tornai rinato, mai avrei pensato di potermi permettere mete esotiche. Immaginavo una vita da elettricista, di colpo capii che con quel mestiere avrei potuto permettermi un certo tenore di vita».
Che sfizi decise di togliersi?
«In primis rinnovai il mio guardaroba. Da giovane vestivo in tuta e avevo solo scarpe da tennis, ai primi appuntamenti mi presentai con un paio di stivali pitonati bordeaux che mi aveva prestato mio fratello».
Audace.
«Ora possiedo più di 15 completi. Il mio preferito è un gessato blu a righe fucsia. Ho fatto personalizzare la fodera con volanti di automobili e una scritta che mi rappresenta: “Spingere”.
In che senso Spingere?
«In tutti i sensi, ma soprattutto in quello della palestra. Ci vado almeno cinque volte a settimana, per me l’aspetto estetico è fondamentale. Mantenere questo fisico per me è fondamentale, alimenta la mia autostima. Ho rifatto il naso, sistemato i denti, fatto iniezioni di botox. Mi fa stare meglio e performare di più sul lavoro. In una città come Milano l’estetica è fondamentale, l’abito fa il monaco. A pari professionalità i clienti sceglieranno te».
Ha aperto 11 agenzie in città.
«Mi sono messo in proprio nel 2014, sono un eccellente agente immobiliare che riesce a piazzare sia il monolocale microscopico che la villa milionaria. Ripago chi si affida a me offrendo il massimo dell’entusiasmo. La concorrenza mi ha sempre conosciuto e temuto. Mi sono fatto le ossa da Gabetti, il non plus ultra delle agenzie a Milano, e poi ho lavorato a Lambrate e in un franchising. Ho imparato nuove tecniche di acquisizione, facevamo il censimento di microzone. Ora si è virato sul telemarketing».
Vendita più remunerativa?
«Una villa da 3 milioni di euro».
Quanti immobili avete in portafoglio?
«Più di 130. Ma li acquisiamo solo se la richiesta dei proprietari è in linea con la nostra valutazione. Molti cercano di massimizzare, ma non si possono pretendere cifre ingiustificate».
Dipendenti?
Almeno quattro collaboratori per agenzia, paghiamo forte: fisso base di 1.300 euro, provvigioni dal 5 al 30%, a seconda dell’esperienza. Molti di loro li ho reclutati via social».
Ecco, i social…
«Ho iniziato a proporre contenuti l’anno scorso, volevo mostrare la mia personalità. Sono un po’ presuntuoso, simpatico, un personaggio attrattivo per i ragazzi. I giovani vogliono somigliare a qualcuno e io sono perfetto. Penso di essere un ottimo esempio».
Trova?
«Sì, mi vesto bene, vado in palestra, lavoro e guadagno, ho una bella macchina, una Porsche Taycan elettrica azzurra a cui avevo anche fatto il tag su Instagram. E poi mangio sano, do consigli sull’alimentazione e posto training motivazionali».
Un guru. Sua moglie come vive questa impennata di popolarità?
«È contenta per me ma non troppo entusiasta. Teme possa montarmi la testa».
Non ci dica.
«Vivo con i piedi per terra. Ripeto, i miei risultati sono frutto di sacrifici».
Difetti?
«Non ne ho».
Non faccia il modesto.
«Forse…ecco, in effetti faccio fatica a non essere al centro dell’attenzione».
Mai pensato allo sbarco in tv?
«A Uomini e donne sono già stato, nel 2016. Adesso mi ha contattato una delle più grandi case di produzione del mondo per lanciare un nuovo programma».
L’unico limite è il cielo, verrebbe da dire.
«Proprio così. È il mio motto».
Si è fatto cucire anche questo sulla fodera della giacca?
«No, questo me lo sono fatto tatuare: Quisque faber fortunae suae, “Ognuno è artefice del suo destino”. Ho il diploma elettrotecnico, non ho mai amato studiare ma da mio nonno ho ereditato la passione per i latinismi».
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